Rodolfo Marroccu. |
Quindi, decisi di abbandonare Tortolì e Arbatax e di “visitare” qualche paese vicino. Venni attratto da un albergo-ristorante con piscina di Girasole. Li contattai telefonicamente e, la prima risposta fu scoraggiante:“Mi dispiace, per sabato, sia l’albergo che il ristorante sono impegnati per un matrimonio”. Ma, subito dopo continuò:” Un attimo, se le interessa, è disponibile una camera con letto matrimoniale e un letto singolo, per un costo di 50€”. Ci accordammo. Per la cena, mi fu assicurato che una soluzione si sarebbe trovata, nonostante l’impegno totale del ristorante per il matrimonio. Non che la cena mi preoccupasse; considerato l’appuntamento con la gara per il giorno dopo, una semplice pasta in bianco sarebbe andata benissimo. Mi tranquillizzai. Ma, dopo qualche ora mi tornò alla mente il matrimonio e mi preoccupai. Mi resi conto di aver fatto una scelta sbagliata, capii che quella notte non avrei dormito facilmente, ma oramai! Il sabato, di pomeriggio, prima del ritiro pettorale, prendemmo possesso della camera. Ero in compagnia di mia moglie. Una camera a pochi metri dalla piscina e poco distante dalle tavolate allestite per il matrimonio. Puntuali, la sera, ci presentammo per la cena. Per noi avevano preparato un tavolo a pochi metri dalla piscina, sotto i rami di un grande ulivo. Nella piscina, lo splendido colore blu dell’acqua era messo in risalto da una bellissima serie di lanterne cinesi sistemate ai suoi bordi. Tutto molto romantico. Un romanticismo drasticamente disturbato dal chiasso infernale dei festeggiamenti per il matrimonio: trombe da stadio e petardi vari coprivano le urla e i soliti hipp, hipp…
Mi rassegnai al fatto che i 21 km della gara sarebbero stati compromessi.
Passò poco tempo e ci raggiunse una simpatica ragazza armata di penna e taccuino. Iniziò a elencare un menù, accompagnandolo con commenti e consigli; mi parve interminabile. Ascoltai distrattamente, avevo per la mente la pasta in bianco e un po’ di bresaola. Per quanto compromessa, pensavo ancora alla gara dell’indomani. Ma il mio po’ di cervello, svegliatosi da un letargo prolungato, che aveva ascoltato attentamente le pietanze appena elencate, proprio in quel momento mi tradì. E, anche spalleggiato dallo stomaco, ancora ingolosito dalle tre settimane appena trascorse in paleozona, contro la mia volontà, d’un fiato, mi fece rispondere: “ orecchiette alla bottarga, gnocchetti alla carne di cinghiale, insalata di mare ricca di gamberetti e polpo fresco, e verdure grigliate”. La ragazza, sorridendo, annotò il tutto precisando che con l’acqua, anche se non richiesto, avrebbe portato anche del vino nero della casa, che aveva tanto consigliato nell’elencare il menù. Mentre si allontanava, ci propose di servirci, se lo avessimo voluto, da una delle tavole preparate per il buffet degli sposi, quello più vicino a noi. Forse scherzava, ma comunque, i pantaloni corti e la polo che indossavo, mi sconsigliarono qualunque iniziativa in tal senso. Non attendemmo a lungo … e fu una mangiata esagerata. Tutte le pietanze risultarono ottime, ma il polpo era stato principesco nel gusto e nella quantità. Conclusa la cena, ci trattenemmo sul posto fino a tardi, a goderci il brillante blu della piscina e a sopportare un chiasso infernale che, comunque, non ci avrebbe consentito di dormire se fossimo rientrati in camera. Ci ritirammo quando ormai la mezzanotte era passata da un po’, con i festeggiamenti matrimoniali che non accennavano a diminuire. Intanto, il polpo pareva si fosse ricomposto e non voleva sentirne di essere digerito. Andai a letto con la sensazione di avere un blocco di piombo sullo stomaco. La sensazione di malessere, mi svegliò poco prima delle quattro, e fu una delusione profonda quando, frugando nel borsone non trovai alcun possibile rimedio … La mattina, con la sensazione di stare un po’ meglio , ci recammo nella sala adibita alle colazioni. Alla ragazza che molto gentilmente si avvicinò per chiederci cosa fosse di nostro gradimento, domandai un tè verde col succo di mezzo limone. Dopo qualche minuto, rifiutando la proposta di un cornetto e sotto lo sguardo incuriosito della giovane, aprii un piccolo sacchetto portato da casa e versai nel tè il suo contenuto: mezzo cucchiaino di fruttosio, un cucchiaino di orzo in polvere, due noci , sei mandorle, una piccola porzione di cioccolato fondente, un mezzo cucchiaio di uva passa, una manciata di cereali integrali e un cucchiaio raso di semi di chia. Conclusi la colazione con un caffè, nella speranza che mi facesse digerire quel po’ di roba appena ingurgitata. E invece, l’effetto prodotto fu quello di rinvigorire il polpo, fino a quel momento sopito; si risvegliò, più pesante che mai sotto forma di mattone nello stomaco. Dopo un breve blitz in camera per riappropriarci del poco bagaglio, ci presentammo all’accettazione per saldare il conto. E ci fu una incredibile sorpresa: ” 50 euro,” rispose la stessa ragazza della colazione alla mia richiesta. Feci notare che quello era l’importo concordato per la camera e che a esso doveva aggiungere il costo della cena. Manovrò per un po’ col mouse fissando lo schermo del PC e confermò: ” qui non c’è nessun altro importo, quindi il conto risulta 50 euro. Evidentemente, per il costo della cena non dovrà preoccuparsi”. Mi parve inopportuno insistere: pagai quanto richiesto e, abbandonando l’albergo, ringraziai. Appena fuori, incrociai lo sguardo di Antonella e sorridemmo per l’assurdità di quanto appena successo. Ambedue ripensammo a ciò che avvenne appena due mesi prima in un ristorante di Tortolì, in occasione di una breve vacanza in zona. Anche in quel caso, incredibilmente, il ristoratore ci offrì la cena; eravamo in quattro.
In breve giungemmo al lido di Orrì, la zona di arrivo della gara. Il tempo di salutare tanti amici e, puntuali, due pullman ci trasferirono nell’area di partenza, a Cardedu. Ebbi la sensazione che il mezzo non arrivasse mai, il polpo protestava continuamente, a ogni sobbalzo, a ogni curva. Giunti sul posto, incontrammo il resto degli amici partecipanti alla gara. Già iniziava a farsi sentire il caldo e l’umidità. Cominciai un po’ di riscaldamento al quale feci seguire alcuni allunghi, anche nella vana speranza di addormentare il polpo che, incredibilmente, continuava a crearmi dei problemi. Tutto inutile. Ormai ero rassegnato a gareggiare accompagnato da una fastidiosa nausea. Il via alla gara, fu una sorta di liberazione. Iniziai con involontaria e obbligata cautela. Ma, dopo circa un chilometro, mi resi conto che la nausea era scomparsa e che le gambe iniziavano a lamentarsi per il ritmo eccessivamente prudente. Cominciai ad aumentare l’andatura (si fa per dire). Stranamente sentivo le gambe più energiche del solito e sorrisi; mi vennero alla mente i tentacoli del polpo. Il percorso si rivelò piuttosto impegnativo e, la temperatura ambientale particolarmente elevata, ne aveva moltiplicato le difficoltà. Fortunatamente gli organizzatori avevano provveduto a rendere il tutto più sopportabile con dei rifornimenti continui e abbondanti, accompagnati da numerosi spugnaggi rinfrescanti. Cercai di affrontare le salite con cautela, tentando, per quanto possibile, di non correre sulle punte, ad evitare un carico eccessivo sui polpacci. Mi aspettavo che da un momento all’altro, come a Pardu Nou, sarebbero arrivati i crampi e tentai di ritardarne il più possibile la comparsa. E invece, per fortuna, i crampi si segnalarono solamente con dei leggeri formicolii, risparmiandomi l’aggressione violenta, anche se il timore mi costrinse a un finale di gara con una progressione “controllata”. Conclusi la prova facendo registrare il tempo di 1h34’14”.
Quando venne il momento del rinfresco, un ricco pranzo a buffet , il polpo tentò di ripresentarsi… A quel punto, pensai a una soluzione drastica e risolutiva: annegarlo. Impossibile annegare un polpo? No, se gli si cambia l’abitat naturale: non acqua, ma birra. Approfittai della notevole quantità di quella bevanda offerta dall’organizzazione e, finalmente… Addio polpo!
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