Molti principianti abbandonano la corsa dopo pochi mesi dalla partenza della loro nuova vita sportiva. Ciò non è dovuto alla durezza delle sedute quanto alla noia, alla mancanza di stimoli che la corsa offre loro.
Premesso che la corsa è sicuramente meno noiosa di altri sport individuali (come il nuoto) e che si possono adottare tutta una serie di accorgimenti per renderla piacevole, è indubbio che in essa non è presente la componente ludica (di gioco) che svolge un grande potere attraente negli sport di squadra.
§ musica
§ paesaggio e natura
§ variazione dei percorsi
Il trait d'union fra di esse (che spiega perché queste strategie non sono alla lunga vincenti) è che sono tipiche dei jogger, mentre nessun runner le usa comunemente perché danno della corsa una dimensione tutto sommata riduttiva. Per non annoiarsi occorre cioè dare alla corsa una dimensione prioritaria.
Quando mi capita di gareggiare in mezzo a paesaggi molto belli, di solito non li apprezzo più di tanto, sono concentrato sulla sola maglietta dell'amico che mi precede, sul sentiero che ci porta in cima a una collina ecc. Molti penseranno che l'aspetto agonistico non possa essere consigliato a un principiante. Ciò è vero fino a un certo punto.
Analizziamo gli errori tipici del principiante:
1) Pigia troppo sull'acceleratore e "scoppia", arrivando alla conclusione che la corsa non fa per lui.
2) Segue un programma correttamente tarato per principianti, ma la cosa finisce lì, senza obiettivi e senza mete. Arriva la noia.
L'obiettivo - Tirando le somme: per non annoiarsi nella corsa è necessario avere un obiettivo; se il soggetto è giovane e/o sta "comunque" bene, tale obiettivo spesso non può essere genericamente la salute. Nel mio testo sull'Allenamento mentale parlo di obiettivo sfidante. L'esempio classico di obiettivo sfidante per un principiante è "voglio correre una maratona". Non si può però pretendere che tutti i principianti abbiano un tale obiettivo. Ne esiste uno più generale; è la prestazione, intesa anche in senso lato. Consideriamo che molte persone corrono per dimagrire. Sicuramente se vedranno i risultati saranno motivate a continuare. Per loro la prestazione è il peso sulla bilancia. Idem, la prestazione serve a chi corre per la salute per verificare i risultati dei suoi sforzi.
In realtà, nella maggioranza dei casi, la prestazione non può che essere legata al concetto di efficienza del proprio organismo e tale efficienza si concretizza in un tempo. E considerare la prestazione significa fare fatica, fatica fisica, non mentale che può anche derivare dalla noia. Sinceramente penso che:
chi correndo si annoia, non è mai arrivato "morto" al termine di un allenamento.
Se la strategia conservativa di non fare fatica (spirito di sopravvivenza) è ragionevole in un principiante, ecco che diventa un boomerang dopo pochi mesi, quando l'atleta principiante non è più. Riassumendo: si può scegliere fra fatica (fisica) o noia. E la fatica fisica porta al concetto di miglioramento della propria prestazione.
Ovviamente occorre dare un senso alla fatica fisica. Se manca tale senso, la noia prima o poi compare. Cito il mio caso, persona che dovrebbe essere dotata di notevole propensione all'endurance. Dopo i miei due infortuni che mi sono costati due operazioni, mi sono dovuto dedicare al ciclismo. Ebbene nel ciclismo provo la stessa noia che molti provano nella corsa. Perché? Non ho motivazioni. Uscire per due ore solo per bruciare calorie o per mantenere un livello decente di forma fisica mi pesava molto, tant'è che mi "addormentavo" sulla bici. Nel ciclismo non ci sono tutte quelle motivazioni che ho nella corsa. Non è possibile avere riscontri temporali, né apprezzare con l'esperienza il proprio essere in forma. Certi concetti come la scia (che rende tutto più facile) oppure le condizioni meteo (che sono molto più importanti che nella corsa) distruggono ogni riscontro intermedio; anche il confronto con altri è, a livello amatoriale, decisamente dipendente dal mezzo che si ha a disposizione. Infatti le uniche volte che mi divertivo erano quando potevo tentare il record sul mio giro (condizioni meteo decenti, senza vento, fisico abbastanza riposato) oppure potevo seguire e poi mettere in difficoltà occasionali compagni di viaggio con biciclette da strada stratosferiche, ma anche con 20 kg di troppo, che non capivano come potevano essere superati da una mountain bike da 150 euro. Non è questione di agonismo o meno, è questione di dare un "senso alla fatica che stavo facendo". E il senso si chiama prestazione.
La gratificazione - Chi non è interessato alla propria prestazione (senza ovviamente essere schiavo di questo interesse) prima o poi si annoierà. Molte persone preferiscono la palestra e i pesi perché nel sollevare i pesi sentono che il loro corpo funziona. Ricordo gli incredibili urli di un ragazzo che sollevava 150 kg alla pressa, dieci volte. Al massimo avrà avuto un po' di mal di gambe, per qualche secondo. Quando è sceso, l'ho rimpiazzato e mi sono fatto una serie di 100 sollevamenti, sempre con 150 kg. Mentre li facevo gli spiegavo che non è necessario essere body builder per essere "decentemente" forti, basta un allenamento veramente serio e non orientato all'apparire più che all'essere. Gli spiegavo che per me le sedute con i pesi erano tutto sommato noiose perché, ai fini della corsa, dovevo fare molte ripetizioni di pesi tutto sommato facili. Il ragazzo si sentiva invece gratificato dal suo sforzo (forse un po' meno, dopo la mia dimostrazione...), mentre non si sarebbe sentito gratificato dalla corsa perché in essa non avrebbe trovato nulla di motivante. Il vero problema è che lui avrebbe corso, senza fare fatica, 30' di corsetta leggera. Ma si sarebbe annoiato anche nel sollevare pesi da 20 kg. Sollevando pesi da 150 kg si sentiva invece gratificato perché quel numero era per lui sinonimo di "forza".
Correre senza fare fatica non gratifica – Sembra incredibile, ma è così. Non si tratta di masochismo, ma sentire musica od osservare il paesaggio (come spiegato nell'articolo sul training autogeno) è il modo migliore per deconcentrarsi e allontanarsi dai propri limiti.
Molti "annoiati" ritengono che inserire troppa fatica possa portare a una posizione maniacale. Ma non è vero. Porta a dialogare per tutto il tempo della corsa con il proprio corpo e tutto passa molto velocemente. Migliorare la propria prestazione diventa un incredibile obiettivo sia salutistico (funziono meglio) sia pratico. Spesso ci capita di allenarci con ragazzi di vent'anni cui ne rendiamo circa trenta. A quelli che non reggono i nostri ritmi spiego che se non imparano a fare fatica, ad apprezzare i miglioramenti sarà difficile che potranno avere un buon rapporto con la corsa. Alcuni di loro non capiscono, continuano a corricchiare e finiscono gli allenamenti regolarmente in fondo al gruppo, finché non abbandonano perché pensano di essere inadatti allo sport. Altri invece capiscono e, i più dotati, nel giro di pochi mesi, ci massacrano senza presunzione, ma solo per dimostrarci che hanno seguito il consiglio. Sono quelli che hanno capito cosa vuol dire sentire il proprio corpo che funziona.
Alcuni esempi.
§ Mi ascolto le gambe, il respiro e poi confronto il tempo al primo km; oggi vado bene...
§ Sono migliorato più di un minuto da quando ho iniziato il programma post-principiante. Chissà se arriverò a correre il mio giro in meno di 30'? Cosa vuol dire correrlo in meno di 30'? Che il mio corpo funziona meglio di sei mesi fa.
§ Le prime volte che iniziavo a respirare affannosamente mi sembrava di morire. Oggi riesco a correre ancora per un quarto d'ora.
Appena dai importanza alla prestazione, incominci ad apprezzare le sottigliezze della corsa: le scarpe, il clima ostile, il compagno che ti aiuta ecc. Diventi un esperto e inizi ad amarla. Non si può amare nulla se non si conosce in dettaglio la cosa amata.
Il programma antinoia è quindi il seguente:
Programma per principianti -> obiettivo -> Fatica -> Prestazione -> Gratificazione dalla prestazione.
Per entrare nel sito di Albanesi clicca qui.
Mi piace molto leggere questo blog per poter dimagrire e avere un corpo sano
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