venerdì 14 giugno 2024

La corsa dal punto di vista di un atleta psicologo. Scritto da Matteo Simone (Corridori.net, 03-09-2008).

Perché uno corre?
Si inizia a correre per esempio perché invogliati da un amico, o su indicazione di un medico, o per partecipare a una corsa non competitiva.
Che succede dopo aver provato a correre?

In genere non si torna subito a correre perché la fatica ha lasciato il segno, ma, per pochi diventa un’occasione per fare qualcosa insieme, per stare con altri, per frequentare un gruppo, per stare all’aria, per tenersi in forma. Ci si incontra, si ha uno spazio e un tempo riservato, ci si interessa ai mondi altrui che piano piano si schiudono all’altro, si organizzano cene, viaggi.

Cosa può succedere dopo un periodo di allenamento?

Capita che uno riesce nella corsa a non stancarsi subito, a stare al passo con altri che corrono da più tempo, che si viene invogliati ad allenarsi meglio e a partecipare a competizioni.
Cosa succede partecipando a competizioni sportive?

Può succedere che non si regge lo stress o che, al contrario, si arrivi al traguardo prima di altri, e si viene riconosciuti come persone in gamba che riescono.
Cosa si va incontro riuscendo nelle competizioni sportive?

Si sperimenta qualcosa di nuovo, si viene riconosciuti alle gare come persona da battere, si inizia a pensare a diventare sempre più forti, quindi si chiede ai più bravi come fare per migliorare le prestazioni, si chiedono programmi di allenamento, ci si mette d’accordo con i più forti per allenarsi assieme, la corsa diventa una cosa importante della propria vita, uno spazio e tempo da investire, qualcosa di prioritario nella giornata, quindi ci si sveglia pensando a quando ci si può allenare, come con chi e a quale gara partecipare per verificare il proprio potenziale.
In linea di massima succede che l’atleta arriva a considerare la corsa o lo sport un attività prioritaria, perde quasi il controllo, dal passatempo facoltativo, salutare, che ti permette di scaricare le tensioni e stress lavorativi, si ritrova a considerare la corsa non un hobby ma argomento principale che da senso alla vita, quando l’atleta va a dormire deve già aver organizzato l’allenamento del giorno successivo, per esempio al mattino così si toglie il pensiero per la giornata e sta tranquillo il resto del giorno, o la sera, così è propenso ad affrontare le difficoltà della giornata, tanto sa che la sera la corsa gli permetterà di smaltirle, di voltare pagina.
Cosa può succedere nella propria famiglia?

Capita che ci si allontana, perché per gareggiare a buoni livelli bisogna allenarsi giornalmente e quindi il punto di vista dell’atleta è che i familiari devono capire che uno ha questa esigenza, mentre il punto di vista dei familiari è: “preferisce la corsa a me/noi”.
Se la corsa allontani o meno dalla famiglia non deve essere considerato per forza un problema, può essere che in famiglia si sta male e quindi provi ad allontanarti se credi di avere un’alternativa migliore, puoi permetterti di riflettere sulla tua esistenza attuale, l’atleta, considerando le due alternative, può decidere sulla sua esistenza: “che faccio continuo a stare in famiglia perché devo, perché hanno bisogno di me, perché non ho il coraggio o la forza di affrontare le difficoltà?”.
Allontanarsi dalla famiglia può essere un modo di mettere in discussione le relazioni parentali, in modo che ogni componente possa prendere consapevolezza della sua situazione e poter reagire a una situazione scomoda, stagnante.
Allontanarsi dalla famiglia può essere anche un modo di rispettare se stesso e gli atri, nel senso che si può avere un’esigenza di fare delle cose assieme alla propria famiglia ed altre cose con altri, senza che ciò venga considerato un trascurare l’altro, importante è sempre considerare l’altro e parlarne.
Si fa quel che si può, bisogna fare quello che uno si sente di fare, l’importante è che uno sta in contatto con se stesso è consapevole di quello che fa e si assume le responsabilità di quello fa.
Cosa succede quando avviene un infortunio?

Per l’atleta può essere un problema serio perché potrebbe essere necessario riposare e questo potrebbe causare una perdita dello stato di forma raggiunto, una non possibilità di migliorare le prestazioni, quindi si potrebbe diventare nervosi perché gli altri vanno più forti; all’atleta che non può allenarsi gli verrebbe a mancare un’abitudine considerata quasi vitale, salutare, gli verrebbero a mancare gli amici di allenamento. Quindi, l’atleta potrebbe essere disposti ad allenarsi anche con l’infortunio, con il dolore,  perché all’atleta non va giù di fermarsi, deve riempire lo spazio della giornata dedicato alla corsa, non può rischiare di perdere la forma. Al limite, si fa ricorso ad antinfiammatori, al ghiaccio, si chiede ad altri se gli è capitata la stessa cosa, una cosa è certa l’atleta non è disposto a fermarsi per nessun motivo, se si rivolge ad un medico specialista generico gli viene detto di fermarsi, ma lui non lo fa, non è d’accordo, se si rivolge ad uno specialista dello sport gli viene detto: “non ti dico di fermarti, perché conosco voi sportivi, ma ti invito ad usare una scarpa più protettiva, ad usare plantari, a fare nel frattempo delle indagini”.
Se all’atleta non gli viene concessa l’idoneità all’attività agonistica, può capitare di dover fare carte false per partecipare a gare, l’atleta può essere presuntuoso, convinto di conoscersi bene e di poter decidere che un medico non può decidere sulla sua salute, ma deve solo rilasciare un certificato dietro pagamento di un corrispettivo, a volte l’atleta arriva a considera che la sua vita è la corsa e quindi non correre significa non vivere.
Si può correre meglio facendo attenzione a se stessi, al proprio organismo, ai segnali che ci invia, avvisi, segnali, dolori, si può pensare quando si corre se si sta evitando di fare qualcos’altro, fare qualcosa e quindi correre può essere anche un modo per non sentire.
Cosa succede quando si arriva ad un punto in cui non si migliora più?

L’atleta quando arriva al massimo delle sue prestazioni, in genere non è disposto ad arrendersi subito, decide di fare qualcos’altro per fare in modo che gli si riconosca qualcosa nonostante sia fuori forma o per l’età o per infortuni cronici, un modo è quello di passare a gare estreme, in modo che si diminuisce la qualità della prestazione e aumenta la quantità, per esempio si passa a partecipare alle ultra, così si può parlare delle sue prestazioni estreme, per esempio corse di 100 km ecc., ci sono atleti che diventano dipendenti della corsa e non vogliono smettono mai.
Per non parlare degli integratori, fino all’assunzione di sostanze dopanti. Al corridore che corre poichè correre significa vivere non importa gli effetti collaterali di sostanze dopanti, l’importante è che non si ferma e che continua a ben figurare nei confronti di se stesso e degli altri.
Cosa fare in caso di difficoltà?

Parlarne, possibilmente con chi si sta più da vicino, sia colleghi podisti, sia persone intime, sia esperti. I primi possono contribuire a dare il loro punto di vista su situazioni passate e risolte o non; i secondi servono a ricordare che anche se sono stati trascurati perchè passati in secondo piano in momenti in cui la corsa era più importante, restano pur sempre le persone di riferimento dell’atleta e la relazione potrebbe essere riscoperta e nutrita in modo da poter decidere di continuare o meno a fare sport a un certo livello considerando che non deve essere tutto nella vita ma una cosa in più, che deve servire a star meglio all’individuo e a chi gli sta intorno; l’esperto serve a fornire all’atleta una visione più ampia, mette l’atleta di fronte a delle alternative, delle possibilità, l’esperto aiuta ad intravedere delle vie da percorrere, in modo che l’atleta possa avere una maggiore consapevolezza di se stesso, di quello che lo circonda, dei suoi bisogni e possa fare le sue scelte assumendosi le sue responsabilità.
La corsa non serve solo ad arrivare davanti l’altro, battere l’altro, dimostrare di essere più forte, è anche quello, ma fa tanto bene all’atleta arrivare con l’altro mano nella mano, aiutare l’altro a riuscire, stare con l’altro, sentire, comunicare.
Questo è il mondo del podismo amatoriale visto da un podista psicologo.

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