Le precedenti gare sono state tutte su terreni piani e con percorsi molto lineari ed agevoli ed è per questo che invece per questa edizione le difficoltà erano già messe in preventivo e si andava con molta prudenza. Sono stato soprattutto io ad insistere affinché Armando partecipasse ad Aritzo. Da parte sua c’erano tutte le scusanti per non affrontare una gara così dura e rischiosa. Innanzitutto il forte dislivello previsto, dai 700 mt. della partenza sino a toccare il punto di 1032 mt. con vari sali e scendi sino a poi ridiscendere sino ai 700 mt. dell’arrivo. Va considerato a tale proposito che Armando raramente effettua degli allenamenti con salite o discese; quando ci alleniamo assieme quasi sempre lo facciamo al Poetto. Altro motivo per cui già si prevedeva una grossa difficoltà era il fatto della lunghezza della gara. Solitamente Armando si allena su distanze “relativamente corte” ed in ogni caso solo quando ci alleniamo assieme lui riesce ad arriva a distanze superiori ai 10 km. A parte questi fattori negativi c’erano però anche altri motivi che alla fin fine hanno fatto dipendere l’ago della bilancia sulla decisione della sua partecipazione. Innanzitutto a mio avviso il fatto che alla gara partecipasse anche un'altra persona totalmente cieca, il nostro amico Gabriele Pianu (M55, Amsicora Cagliari). Con Gabriele esiste un ottimo rapporto d’amicizia sia da parte mia che da parte di Armando e ciò ha contribuito tanto alla sua decisione. C’è da considerare che su un percorso così difficile il fatto che vi partecipasse anche Gabriele ha fatto scattare in Armando come una sorta di sfida nei confronti dell’amico come per dire… se gareggia lui ci posso gareggiare anch’io. Altro motivo per cui era favorevole al viaggio c’era il fatto che sapevamo come era organizzata tutta la manifestazione; al sacrificio della gara corrispondeva un pranzo post gara davvero di lusso, quasi un pranzo di nozze. Tutti i fattori considerati a tavolino alla fin fine si sono dimostrati realmente accaduti anche se forse entrambi avevamo sottovalutato un pochino la difficoltà del percorso.
Come da programma, alle 6 del mattino inizia il nostro
viaggio verso Aritzo. Oltre ad Armando c’è anche la sua compagna Natasha e
Fabrizio, mio collega di lavoro che ci fa compagnia. Il viaggio dura quasi
un’ora e mezzo in quanto il piccolo centro nuorese dista da Cagliari circa 120
km. La gara è in programma per le 8,30 per cui noi a quell’ora ci troviamo tra
le retrovie di un gruppo di oltre 500 atleti considerato che 420 sono iscritti
alla mezza mentre un centinaio circa affronteranno la non competitiva di soli 3
km. Ci troviamo vicinissimi all’amico Gabriele che per la circostanza è
accompagnato da Silvio Cabras (M50, Atletica Orroli) suo “angelo custode” nelle
ultime sue gare. Lo sparo della partenza è anticipato dall’intervento del
parroco che benedice tutti quanti e dalla “poesia del maratoneta” letta da
“Zigheddu” (Francesco Calledda) un’atleta maratoneta di Aritzo di oltre 70 anni
che ha partecipato a numerose maratone di New York. Già in questa fase che
precede la gara Gabriele ci fa ridere con alcune sue battute che alleviano lo
stato di pseudo – tensione dovuto all’evento. Lo sparo avviene con circa 10’ di
ritardo rispetto al previsto ed è spettacolare vedere le marea di persone su
ambo i fianchi della strada muniti di macchina fotografica o telecamere
riprendere l’evento. Tra questi riesco per pochi istanti ad intravedere
Fabrizio a cui ho affidato la mia macchina fotografica tutto preso a scattare
gli atleti passanti. Per oltre un km. attraversiamo il piccolo centro di Aritzo
e mi rimangono ancora impresse le musiche emesse dalle casse acustiche esposte
ai lati della strada. Quella più emozionante è sicuramente l’inno della
“Brigata Sassari” che si sente veramente forte e ci riempie di adrenalina
preparandoci ad affrontare la leggera ma costante salita che ci farà guadagnare
almeno 200 mt. di altitudine. Io ed Armando ci troviamo a pochi passi da Gabriele e Silvio per cui possiamo
comunicare facilmente. Il passo è lo stesso e sin da queste prime fasi si
capisce che le forze in campo sono molto simili. Poco dopo aver superato l’uscita
del paese ci troviamo davanti a noi Marta Piga (F50, Nuova Atletica Sestu),
nostra compagna in vari allenamenti del Poetto. Marta è partita abbastanza
forte e sicuramente nel recuperare qualche energia ha rallentato il passo per
cui ne approfittiamo per salutarla molto calorosamente e superarla con un passo
più spedito. Un’altra atleta che passiamo con facilità è Serena Taccori (F40,
Survival Triathlon Ca), la moglie di Renato Daga; a loro si deve buona parte
dell’organizzatore di tutta la manifestazione. Con Serena già qualche settimana
prima della gara ci vedemmo lungo il Poetto e, in un momento di pausa durante
un’allenamento con Armando, lei ci aveva anticipato alcuni particolari di tutta
la manifestazione.
La fila degli atleti ormai si è diluita e la strada è a
completa nostra disposizione. Possiamo persino “tagliare” leggermente le curve
o passare nel lato sinistro dove l’ombra del bosco ci concede ancora un leggero
refrigerio oltre al profumo genuino della fitta vegetazione. Sulla nostra
destra si vede la imperiosa struttura del “Monte Texile” che emerge dal bosco
ed è talmente bella e appariscente che quasi mi viene difficile distogliere lo
sguardo. Cerco in poche parole di spiegare ad Armando la bellezza naturale che
si erge a poche centinaia di metri e credo, seppur con l’affanno della corsa,
di trasmettere tutta la mia gratitudine per ciò che sto vivendo. Tutto intorno
c’è solo il bosco che si distende a perdita d’occhio in entrambi i lati della
strada. Lasciamo la strada asfaltata dopo circa 4 km. di salita per prendere
una strada sterrata sulla destra e la distanza tra noi e la coppia Pianu-Cabras
è sempre costante. Lo sterrato in questa fase è quasi perfetto. Approfittiamo
per prendere una bottiglietta d’acqua dai volontari di presidio. Sicuramente
molto ben gestiti i banchetti di ristoro con spugnaggio e consegna dell’acqua in
bottiglie piccole, disposti ogni 3 o 4 km. del circuito e presenti in entrambi
i lati del tragitto. Tra l’altro in buona parte dei ristori era possibile avere
anche un bicchiere di integratore. Armando ogni tanto mi chiede a che distanza
si trovano Gabriele e Silvio perché in base all’udito non sempre li sentiva
vicini; io lo rassicuro che si trovano a portata di mano. In questa prima fase
loro si sono trovati sempre più avanti di noi e ci hanno fatto da apripista.
Lo sterrato ad un certo punto diventa meno agevole e la
salita diventa sempre più intensa. Abbiamo lasciato la strada asfaltata a circa
900 mt. di altitudine per affrontare con le sterrate la parte più difficile di
tutto il percorso. Su 21 km. almeno 13
km. saranno di sterrato con fasi di salita e discesa che si alternano
costantemente. In questa fase la salita diventa comunque una costante con punti
anche aspri e difficoltosi che mi costringono a dover di continuo dare
istruzioni ad Armando su dove mettere i piedi. La tecnica di accompagnamento
che da sempre abbiamo adottato io ed Armando è stata quella di lasciare ampio
spazio alla sua corsa, molto ampia e
libera, con l’uso di un cordoncino piuttosto lungo. Ma se nelle precedenti
maratonine lui correva quasi in completa libertà, con le indicazioni che io gli
passavo solo nei casi opportuni, in questa circostanza le semplici mie
indicazioni si dimostrano quasi insufficienti. Diversa la tecnica adottata dal
duetto Pianu – Cabras dove un cordoncino cortissimo e quasi rigido consente
praticamente il passaggio di buona parte delle informazioni in base alla
sensibilità che l’accompagnatore riesce a trasmettere con la mano senza quasi
comunicare niente all’accompagnato. Di fatto gli altri atleti che correvano
quasi al nostro fianco potevano assistere ai miei costanti “urletti”
comunicativi rispetto al quasi silenzioso atteggiamento di Silvio che solo in
casi di difficoltà intensa si faceva sentire. Una delle parti più dure del
percorso consiste nella salita verso il “Gran premio della montagna” istituito
nel punto più alto del percorso a 1032 mt. Sono tante le cose che ricordo di
quella salita, alcune anche curiose. Senza dubbio ricordo la difficoltà nei
punti più impervi da parte di Armando dove caparbiamente ha tirato fuori tutta
la grinta che aveva dentro pur di non fermarsi e magari perdere i contatti con
Gabriele. Ricordo che continuamente gli ripetevo “alza” per fare in modo che
non inciampasse sui gradoni presenti in alcuni strappi intensi di salita.
Ricordo i palloncini colorati che facevano da arco proprio nel punto più alto
dove i giudici prendevano i numeri dei passanti e ricordo anche il fatto di
come man mano si salisse sempre di più aumentavano i cumuli di escrementi di
vacche o buoi rendendo in certi punti quasi impossibile non calpestarli da
parte mia, figuriamoci dove poteva mettere i piedi Armando… Ma la difficoltà
più grossa non si manifestava tanto nella fase della salita, seppure intensa, quanto
piuttosto nelle discese successive. La discesa che seguiva il punto di maggiore
altitudine, dove era stato istituito il premio concesso da “No Limits Sport”,
era qualcosa di veramente difficile per me, figuriamoci cosa avranno vissuto
Armando o Gabriele. La pendenza intensa, anche oltre il 20%, ma soprattutto il
terreno scivoloso e sconnesso hanno messo più paura a me che non ad Armando.
Credo che un pizzico di incoscienza sia insito ad entrambi i due non vedenti e
la loro sfida nei confronti della natura e della sfortuna che li ha colpiti
sembra non abbia limiti. Noi vediamo le difficoltà e avvertiamo la paura, loro
si fidano della conduzione nostra al loro fianco e reagiscono con orgoglio
tirando fuori tutto ciò che nel loro vissuto quotidiano talvolta viene a
mancare. Il passaggio sul bordo del sentiero dove si riesce a camminare più
lisci permetteva ad Armando di correre meglio e più facilmente ma non potevo
nello stesso momento dirli anche che a mezzo metro di distanza c’era il dirupo
con uno strapiombo di qualche decina di metri perché altrimenti potevo alterare
il suo stato di benessere psicologico in atto.
La discesa finalmente termina proprio al fianco della strada
asfaltata dove gli organizzatori hanno istituito una sorta di tragitto di
andata e ritorno sull’asfalto con un nastro a metà strada lungo circa 2 o 300
mt. In questo tratto si riesce a vedere gli atleti che transitano davanti a noi
così come una volta che ci troviamo alla fine del rettilineo vediamo chi ci sta
dietro. Ne approfitto anche per respirare un po’ e far correre più sereno
Armando e per comunicarli gli atleti conosciuti che si incrociavano in questa
fase. A circa 100 mt. davanti a noi ricordo che transitava il deputato Paolo
Fadda (M60, Survival Triathlon Ca) mentre a circa 200 mt. dietro era presente
oltre a Marta anche l’atleta magistrato Rossana Allieri (F50, Futura Cagliari).
Giusto il tempo di respirare per circa 500 mt. ed ecco che si ritorna sullo
sterrato. Curva a destra molto brusca con discesa di almeno 3 o 4 mt. molto
intensa dove in così poco breve tempo non sono riuscito a spiegarmi forse a
dovere con Armando e per poco non ci scappava la caduta. Piccolo esame di
coscienza interno e richiamo silenzioso ad una maggiore attenzione per quello
che stavo facendo. Lo sterrato in questo punto si alternava tra discese e
salite e Gabriele con Silvio si trovavano costantemente a pochi metri davanti a
noi. Molto facili da gestire le salite quanto complicate invece le discese. Ciò
che creava maggiori difficoltà durante le discese non era tanto la pendenza o
eventuali curve quanto quei piccoli canali creati per drenare le acque che
traversavano da una parte all’altra del
sentiero e che falsavano durante le discese la pendenza del tragitto. Queste
erano le vere mine vaganti per entrambi i non vedenti. Ogni volta ci si trovava
di fronte a questi “punti critici” avvertivo con largo anticipo Armando e a
circa 2 mt. dall’ostacolo lo avvisavo di sollevare maggiormente le gambe. Proprio
in una di queste circostanze Gabriele poggia male il piede e per un attimo è
costretto a fermarsi. Noi ci avviciniamo a lui per sentire cosa gli è accaduto
e lui ci dice che forse ha preso una storta. Decidiamo di fermarci al suo
fianco per vedere di cosa si tratta e lui con una smorfia di dolore ci dice che
forse è una cosa passeggera. Nel dubbio gli stiamo vicino e lui si massaggia
con cura il punto in cui avvertiva il dolore. Dopo un po’ riprende pian piano a
correre e noi lo seguiamo con prudenza. Ormai ha ripreso a pieno ritmo
approfittando anche della lunga e dolce discesa per cui anche noi ci mettiamo
più tranquilli.
Dopo un bel po’ di km. spuntiamo dalla sterrata sulla strada
asfaltata affrontando una salita di collegamento alla strada piuttosto ripida e
frastagliata ma tutto ciò per attraversare la statale ed immetterci nel lato
opposto dove nella fase iniziale della gara avevamo deviato per la prima volta.
Ecco spiegato il perché proprio nel passaggio precedente su questo sterrato
vedemmo il cartello dei km. effettivi di allora ma anche un altro cartello
indicante un chilometraggio molto più alto. La sterrata ci conduce proprio a
due passi dal “Monte Texile” per cui possiamo riammirare la bellezza del
torrione. A differenza di prima, ad un certo punto del percorso, gli
organizzatori ci fanno deviare sulla destra con una svolta quasi ad U e con una
discesa quasi a precipizio. Organizzo già con ampio anticipo la spiegazione
della situazione ad Armando e gli dico di rallentare gradualmente la velocità
trovandoci già in leggera discesa. Proprio durante tutta questa fase perdo leggermente
attenzione agli altri eventi e mi concentro solo sul gestire questa brusca
deviazione. Senza accorgermi assolutamente (ma ne sono quasi convinto), in
questa fase superiamo inavvertitamente il duetto Pianu e Cabras e ci portiamo
davanti a loro incoscienti di ciò. La discesa si presenta molto intensa e
leggermente curvata e la mia convinzione nel comunicare con Armando era che i
nostri amici di viaggio fossero davanti a noi. La discesa si acuisce e per
alcuni versi assomiglia a quella che facemmo dopo il punto più alto del
percorso. Resto quasi interdetto nel non vedere Gabriele e Silvio davanti a noi
ma rimango dell’avviso che abbiano preso un po’ il largo anticipando prima di
noi la discesa. Nel comunicare ciò ad Armando succede un qualcosa che poi mi ha
fatto sudare parecchio. Armando mi dice di prenderlo per mano e di avvisarlo
solo per difficoltà insormontabili e inizia ad aumentare la velocità. Io vedo
che la discesa, per quanto ripida, si presenta con qualche insidia ma tutto
sommato praticabile. Non riesco a far rallentare Armando e siamo lanciati ad
una velocità che se fossi da solo me ne guarderei bene da affrontare. In pochi
attimi mi passa di tutto per la testa. Non riesco quasi più a dare le dritte al
mio compagno che mi stringe la mano e continua imperterrito trascinandomi in
una discesa forsennata. Per fortuna il sentiero è abbastanza pulito e nel giro
di poche centinaia di metri ha finalmente termine. Come siamo arrivati entrambi
in piedi alla fine della discesa non lo so neanche io. Per Armando si è
trattato di una sorta di estasi nella perfomance al limite delle proprie
possibilità sia fisiche che mentali. Finalmente dopo la lunga discesa arriva la
salita. Di Gabriele e Silvio niente. Sicuramente saranno davanti a noi,
pensavamo. Anche se per come avevamo affrontato la discesa qualche dubbio
sorgeva; solo che non li abbiamo mai superati … almeno pensavamo. La salita che
seguiva la “tremenda” discesa non era una semplice salita, ma bensì ripida e
molto sconnessa. Decidiamo di camminare per recuperare un po’ di energia ma la
camminata si fa piuttosto lunga; praticamente per tutta la salita che è lunga
almeno 200 mt. Questa lunga camminata ci ha fatto perdere diverse posizioni con
diversi altri atleti, sia maschi che femmine, che ci passavano correndo anche
lentissimi, ma il vantaggio accumulato nella discesa sicuramente era sufficiente
affinché la coppia Pianu e Cabras restasse ancora dietro.
Finalmente la salita terribile finisce e di li a poco la
sterrata si collega sulla strada asfaltata per affrontare nuovamente il
tragitto di rientro al paese. Essendo la strada statale in costante discesa,
Armando gradualmente riacquista nuovamente energie e, consci che ormai il
peggio è passato riusciamo persino a riprendere una buona velocità sempre con
l’intento di recuperare posizioni ed eventualmente riacciuffare Gabriele e
Silvio per arrivare contemporaneamente al traguardo. Niente da fare, anche nei
tragitti di strada lunghi nessuna vista dei due amici che sicuramente avevano
preso il largo mentre noi avevamo camminato in quella salita. Ce ne facciamo
una ragione e proseguiamo per la nostra via. Entriamo dentro il paese e in
diverse circostanze gruppi di persone ci applaudono calorosamente dicendoci che
ormai stavamo per finire la gara. Noi annuiamo sorridenti ben consci che di li
a poco avremo tagliato quel benedetto traguardo ponendo fine alla competizione.
Ripassiamo davanti al punto in cui la musica emanata dalle casse acustiche
quasi ci sveglia da un torpore dove i rumori sino ad allora consistevano in
semplici respiri più o meno profondi ed il calpestio delle scarpe era scandito
con una regolarità quasi maniacale. La musica era la stessa del passaggio
all’andata con l’inno della “Brigata Sassari” a tutto volume che mentre nella
fase iniziale ci dava una carica di adrenalina in questa circostanza ci
segnalava che il nostro compito stava per terminare. Di li a poco gli
organizzatori ci fanno deviare a sinistra rispetto alla strada fatta all’andata
e inizia una lunga e ripida discesa in cemento leggermente più stretta di una
strada. La discesa seppure con ampia pendenza è per fortuna dritta e dato che
Armando riesce ancora a spingere bene sulle gambe lo lascio andare
liberamente. Ad un certo punto mi rendo
conto che nel punto più basso dobbiamo affrontare una curva a gomito per cui
avviso subito Armando dicendoli di rallentare l’andatura. Niente da fare.
Siccome eravamo ancora in discesa l’andatura poteva restare ancora alta. Arriviamo
alla curva a destra e mi son trovato a dover far girare precipitosamente di 90
gradi la nostra corsa con delle urla ad Armando dove gli dicevo di girare “tutto
a destra” ripetutamente e nello stesso tempo cercavo di tirarlo con il
cordoncino per non farlo andare a sbattere sugli organizzatori che dirigevano
gli atleti. C’è mancato poco che non ci scappasse la caduta ma per fortuna
tutto si è risolto per il meglio. La strada, sempre molto stretta, proseguiva
su un falsopiano e con dei leggeri sali e scendi che si potevano gestire ancora
in corsa, seppure molto ridotta. Dopo qualche centinaio di metri ci troviamo di
fronte a noi una salita che se l’avessero fatta in scalinata forse sarebbe
stata più agevole. Si tratta di una pendenza che all’inizio si poteva anche
ipotizzare di correre lentamente, almeno quando era sotto il 20% di pendenza;
ma dopo un po’ si impennava ancor di più e diventava un autentico muro da
superare. Armando si blocca immediatamente e inizia a camminare a passo,
d'altronde anche tutti gli altri atleti vicini a noi stavano camminando. Ad
occhio e croce potevano essere poco più di 100 mt. ma ciò che era veramente
difficoltoso era anche il fatto che camminare con quella pendenza era molto
faticoso. Proprio nel punto centrale della salita un uomo anziano ci incita quasi
sorridendo ed un atleta che camminava vicino a noi, originario del posto, poi
ci ha detto che quel signore aveva l’età di 95 anni. Ancora qualche metro e la
salita sembra stia “scollinando”. Mi giro verso Armando e gli chiedo se vuole
riprendere a correre pian piano e lui molto serio mi risponde “ma tu sei
pazzo”. Scoppio in una risata fragorosa e gli dico che ormai l’arrivo si trova
proprio subito dopo la salita per cui non possiamo arrivare camminando. Niente
da fare. Si cammina sino a quando la salita ormai è quasi superata ed infatti
proprio di li a poco c’è nuovamente il collegamento con la strada principale e
poco dopo è previsto finalmente l’arrivo. Questa fase finale di gara è
abbastanza corto e per fortuna sempre in discesa. Nel giro di pochi minuti
arriviamo verso la zona dell’arrivo e, come nella fase iniziale, un grandissimo
pubblico festante e munito di macchina fotografica ci accoglie fragorosamente.
Finalmente abbiamo terminato l’impresa e veniamo premiati subito con una grossa
medaglia. Tempo impiegato 1:59’47”. Neanche il tempo di riprenderci e vediamo
dietro di noi arrivare Gabriele con Silvio con un ritardo di appena 12”
rispetto a noi. Peccato, sarebbe stata una bellissima cosa arrivare assieme e
sicuramente avrebbe fatto piacere ad entrambi. Comunque ci congratuliamo tra
noi e ci portiamo più avanti dove in uno stand offrivano delle freschissime birre.
Festeggiamo tra noi bevendo alcune birre per riguadagnare parte dei liquidi
persi durante la gara e brindare al successo della gara. Che avventura…!!!
Per vedere le foto della gara clicca qui;
Per leggere il resoconto di tutta la gara clicca qui.
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Antonello sei un grande non solo come atleta ma anche come persona!!!Questa è la dimostrazione che a volte per rendere felici delle persone basta veramente poco.Grande forza di coraggio anche di Armando,Gabriele e Silvio.
RispondiEliminaNon ci sono parole.....grande gesto di umiltà!!!
Io vado spesso a correre al poetto e sinceramente mi piacerebbe scambiare due chiacchiere.
Un'abbraccio
Giovanni anedda
Grazie Giovanni, grandissimi Armando e Gabriele, hanno avuto un coraggio enorme, io e Silvio ci siamo prestati per condurli in questa impresa. Per noi è stato un grande piacere.
EliminaQuando ti capita di vederci nel Poetto affiancati a noi e fatti riconoscere. Ciao, Antonello.