sabato 8 luglio 2017

Frumento, Kamut, Khorasan: che confusione! Scritto dal Dott. Luca Speciani.

Da qualche anno spopola sul mercato una varietà antica di frumento detta kamut, che pare incontri in modo particolare il gusto o il piacere di chi sceglie di mangiare in modo più consapevole.
Ma che cos'è questo kamut, che qualcuno indica come il cereale ritrovato nelle tombe dei faraoni, e qualcun altro, sull'onda dell'emotività (o di una astuta campagna di marketing), considera la panacea per tutti i mali? Il fatto di essere anche agronomo (come prima laurea) oltre che medico, mi consente di affrontare questa tematica con qualche competenza in più.
Non sarà facilissimo se consideriamo che l'italiano medio ancora non ha ben chiara in testa la differenza tra grano e frumento (che sono, per chi non lo sapesse, semplicemente sinonimi).
Si tratta, nel caso del kamut, di una varietà antica di frumento (come il farro consumato nell'antica Roma), diffusa in oriente, che era via via scomparsa dal consumo ordinario per la caratteristica di avere lo stelo piuttosto lungo ed essere quindi soggetta a facile allettamento (cioè caduta della pianta sul terreno in orizzontale). Con l'avvento della raccolta meccanizzata del frumento, i grani a  stelo lungo, e quelli con la tendenza a “sgranarsi” facilmente, sono stati via via abbandonati, senza minimamente che i selezionatori si preoccupassero della perdita di valori nutritivi preziosi o della resistenza a determinate malattie. Tanto il prodotto è stato sempre pagato a peso e per le malattie c'erano i nuovi pesticidi, dunque perché preoccuparsi? Una varietà di frumento che non alletta soppianterà le altre perché darà rese migliori per ettaro (la pianta allettata infatti non viene raccolta dalla macchina). Ecco dunque che il grano khorasan (quello che poi verrà nominato kamut come nome commerciale) scompare dal mercato insieme ai suoi consimili, in quel processo di lenta ma totale meccanizzazione dei processi produttivi in agricoltura iniziatasi in tempi remoti,  e completatasi poi nel primo dopoguerra, con l'esplosione del mercato degli antiparassitari agricoli.

Se tuttavia la varietà di frumenti diversi sul mercato restasse ampia, il problema sarebbe meno grave. Invece le industrie sementiere hanno incominciato a produrre sementi ibride F1 (ibridi di prima generazione) di altissima produttività e altamente selezionate, ma dalle rese ridicole in seconda generazione, così da costringere l'agricoltore a ricomprare ogni anno della semente nuova, invece di riseminare una parte del raccolto come da sempre fatto nell'antichità (anche se con rese più basse). Lecito l'investimento delle ditte sementiere, lecita la scelta dell'agricoltore che otteneva rese più alte. Nessuno ha obbligato nessuno. Tuttavia nel giro di pochi decenni la qualità del frumento è andata via via degenerando con sementi sempre più ricche di amido e sempre più povere di proteine del germe, di oligoelementi, di vitamine. E soprattutto sono state commercializzate sempre le stesse poche varietà.


Se pensiamo che un ragazzo del nostro tempo fa colazione con latte e cereali (frumento), merenda con la focaccina (di frumento), pranzo con la pasta (di frumento), merenda pomeridiana con i biscotti (frumento) e cena con qualche proteina e del pane (frumento) ci rendiamo conto di quanto sia iperpresente questa specie nei nostri piatti. Il fatto che le fonti di carboidrati siano variate sarebbe già di per sé una buona cosa, alternando per esempio con riso, mais, grano saraceno, quinoa, segale, orzo, miglio, amaranto, ma anche con legumi: lenticchie, fagioli, piselli, fave, ceci e poi ancora castagne, mandorle ecc. L'esplosione delle gravi intolleranze al glutine dell'ultimo decennio, che ha costretto anche i gastroenterologi e gli immunologi più ostili alle ipersensibilità alimentari, ad ammettere l'esistenza di una gluten sensitivity diversa dalla celiachia, è certo spiegabile quando si pensa all'abuso di frumento che si fa in questa parte del pianeta (altrove si abusa di riso o di mais). Ed ecco che in questa situazione spunta dal cappello il kamut. Vengono rispolverate delle vecchie sementi di grano khorasan e da lì viene fatta ripartire la produzione battezzando queste sementi col nome originale e registrato di kamut, arricchendone la storia con gli aneddoti delle tombe egiziane, frutto della fervida fantasia di eccellenti operatori di marketing.


Perché può essere una buona cosa mangiare un grano antico (sia esso khorasan o farro) al posto di uno moderno? La risposta sta proprio nella sua composizione. Per i motivi che si sono prima accennati il grano antico, meno selezionato, ha spesso un grado minore di poliploidia (una caratteristica genetica che favorisce grani di dimensioni maggiori, ma, sembra, meno facilmente accettati dall'intestino umano, abituato ai grani monoploidi) ma soprattutto ha un germe molto più grande rispetto a quello dei grani moderni selezionati.


Ora mi rivesto da agronomo e provo a spiegare com'è fatto un chicco (tecnicamente cariosside) di grano. Il grano è un seme, dunque un organo di perpetuazione della specie che deve contenere tutto ciò che serve per generare una nuova piantina. L'embrione della nuova piantina è il cosiddetto “germe”: un prezioso scrigno di proteine, vitamine, minerali (che infatti si compra separatamente in farmacia a prezzi molto maggiori rispetto al frumento). Lì c'è tutto ciò che ci fa bene. Il resto, l'endosperma, è fondamentalmente amido (cioè zucchero) di scorta, tenuto insieme da gliadine e glutenine, le proteine che poi generano il glutine. Questo amido rappresenta la prima energia di cui necessita la piantina per germogliare prima di poter diventare autonoma con le nuove foglioline, ma per noi rappresenta solo una fonte di carboidrati non particolarmente pregiata. Il chicco è infine rivestito da glume e glumette che ne proteggono la vita anche durante la fase che va dalla caduta nel terreno (estiva) fino alla germogliazione autunnale. Queste rappresentano la crusca, o fibra indigeribile, utilissima per il nostro intestino che, in sua assenza, si blocca.


Il processo di raffinazione indovinate un po' cosa fa? Toglie dal seme tutto ciò che c'è di buono ed utile (cioè il germe e la crusca), lasciando solo l'amido (lo zucchero complesso che ci alza la glicemia e ci fa ingrassare). E' per questo che chi segue la dieta GIFT come noi ha l'obbligo del consumo di cereali solo ed unicamente in forma integrale. Diversamente si perde l'apporto del germe e della crusca, che sono elementi base fondamentali per la nostra salute.

Ora, lascio indovinare a voi quale scelta sia stata percorsa dai commercianti di kamut. Poiché la maggior parte degli utenti si è abituata a pane, pasta e farine raffinate (cioè fatte di solo amido e glutine), il 90% dell'offerta mondiale di kamut è fatta da kamut raffinato! Non pteva esserci scelta peggiore, perché togliendo il germe si toglie la vera differenza tra un grano moderno e un grano antico. Ci vendono ancora e solo farina raffinata, cioè amido. Che sia di kamut o di un grano del 2013 che differenza ci fa? A mio parere si tratta di circonvenzione d'incapace.

Quando vedo un paziente e svolgo la consueta anamnesi alimentare ad inizio visita, spesso mi sento dire che mangia “pasta di kamut” o fa il pane con “farina di kamut”. Allora io chiedo: ma integrale? (perché esiste). E mi sento rispondere, con maggiore forza (come se già mi avesse risposto): di kamut! Dopo due o tre “di kamut” alla fine riesco a chiarire il punto, e mi accorgo quasi sempre che il kamut assunto è raffinato. Ovvero che il paziente, credendo di assumere un prodotto più naturale, si è invece fatto abbindolare per l'ennesima volta, e sta mangiando amido e glutine. D'altra parte, l'ho già detto, l'incultura alimentare e agronomica nel nostro paese è enorme, e solo con un forte investimento culturale in questa direzione si potranno cancellare le idiozie delle mille “diete bikini” che spopolano in libreria in questa stagione.


In un paesino della Brianza dove vado spesso in vacanza, nella panetteria del paese (una panetteria ricca di dolciumi pregiati frequentata anche da paesi vicini) ho visto un cartello che recitava: “pane di farro e kamut per celiaci”. Allarmato, come medico, sono entrato avvisandoli che stavano dando una falsa informazione, essendo farro e kamut dei tipi di frumento, e che rischiavano anche da un punto di vista legale. Riferirò, mi rispose la commessa annoiata, servendo un plateau di dolciumi. Un anno dopo il cartello campeggiava ancora nello stesso posto, e a me veniva una gran voglia di strapparlo.


Mangiare frumenti antichi è una scelta utile ed importante. Ma se non li si mangia integrali, si perde tutto il prezioso valore aggiunto che questi grani portano con sé. E, nell'assumere questi meravigliosi prodotti della terra, procuriamo anche di allenarci alla massima possibile varietà.

Ha scritto Michael Pollan ne “Il dilemma dell'onnivoro” che se l'essere onnivori ci ha dato la massima flessibilità alimentare possibile (a differenza del panda, costretto ad estinguersi se si estingue anche il suo bambù preferito), ha fatto anche sì che non esistesse alcun “cibo perfetto” per la nostra dieta. L'uomo è dunque obbligato ad integrare cibi diversi e a ricercare la completezza attraverso la varietà. Ben vengano i grani antichi, ma alterniamoli con legumi, con altri cereali, con noci, mandorle, pistacchi, castagne, patate, topinambur. Se ci accaniremo a mangiare frumento mattina pomeriggio e sera il nostro sistema immunitario, allenato a respingere gli eccessi, provvederà a difenderci a modo suo. Con modalità, come nel caso del celiaco, che potrebbero anche non essere a noi gradite.

Mi è capitato di discutere tempo fa con un pizzaiolo napoletano, che cercava di convincermi che la “vera” pizza napoletana fosse fatta con la farina raffinata. Mi misi a ridere. Perchè, gli chiesi, la pizza a Napoli l'anno inventata nel 1960? Chi l'ha inventata – basta ragionarci un po' sopra – l'ha PER FORZA inventata con la farina integrale. Voi, poi, l'avete corrotta con quella raffinata, e adesso volete farci credere che sia quella vera. Questo vale per qualsiasi piatto che sia stato inventato prima del dopoguerra. Meditate, meditiamo. 

Mangiamo a volontà i cereali antichi, se ci piacciono, ma sempre e solo nella versione integrale.

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