Auckland City e Sky Tower dal porto. |
sabato 3 agosto 2013
Auckland, 02-08-13. All'ombra della Sky Tower c'è tutto un mondo intorno, in Technicolor... Scritto da Alberto Cauli.
C’e’ un sole bellissimo di primo mattino nelle strade di Mission Bay. E’ ancora presto, nemmeno le otto, il quartiere pian piano si sta svegliando. Percorro i duecento metri che mi separano dalla fermata del bus e davanti a me il mare. Mission Bay e’ uno dei tanti quartieri di Auckland che si affacciano sul mare.
Oggi che il cielo e’ sereno la vista e’ fantastica, una delle tante isolette che si trovano nel golfo della citta’ sbarra l’orizzonte. C’e’ il contrasto del verde chiaro di questi prati immensi che ornano il quartiere e il blu del mare. Calmo, piatto, quasi olio. In lontananza i piccoli “ferry-boat” che collegano la citta’ alle isole, iniziano il loro monotono via vai. I pochi negozi aperti sono le caffetterie (niente a che vedere coi nostri bar) e I cosidetti market di quartiere Convenience Store. Alla fermata e’ un miscuglio di nazionalita’. Ma le facce sono sempre le stesse. E’ un po’ anche la mia fermata e penso che la stessa impressione l’avranno anche gli altri. Qualcuno stringe fra le mani un caffe’ take-away. Questa scena e’ tipica la vedi ovunque, qui come altrove. Tutti a scaldarsi le mani e camminare frettolosamente verso il proprio lavoro con i bicchieroni in carta che fumano. Ascolto gli U2, i Coldplay… e penso – in un piccolo spazio come la fermata di un autobus ci sono non meno di sei paesi differenti. Il bus 769 arriva alle 8.15 come sempre. Destinazione Britomart, la stazione centrale di Auckland in pieno centro. Il tragitto costeggia il mare e poco prima di arrivare in citta’, ecco il porto containers. Cerco sempre di mettermi nei posti davanti. Mi piace vedere la strada dal grande vetro del bus. Subito dopo una curva di Tamaki Drive ecco che appare il centro citta’ coi suoi pochi grattacieli raggruppati e la maestosa Sky Tower di 328 metri, simbolo della citta’ (ogni notte e’ illuminata con colori dal rosa al blu, dal rosso al verde). Spettacolo puro nel cielo stellato di Auckland. C’e’ un movimento nervoso di gru’, di lampeggianti gialli, di camion grandissimi. E’ arrivata una nuova nave, vista da dietro sembra un rettangolo verniciato poggiato sulla banchina. Ne leggo la provenienza – Panama – sbarca una quantita’ impressionante di macchine ancora da targare. E’ incredibile leggere nomi di Paesi cosi’ tanto lontani qui, che gia’ di per se’ e’ lontano da tutto e tutti. I container colorati bene impilati nelle enormi banchine di questo scala internazionale, sembrano dei mattoncini lego visti da lontano. Poi, man mano che il bus avanza ti rendi conto di quanto enormi siano. Paiono palazzo di almeno sei piani. Gru possenti li scaricano dalle massiccie navi porta-containers e instancabilmente muletti giganti li impilano uno sopra l’altro. Quello che non manca sono i gabbiani. Spettatori e assidui frequentatori d’ogni porto in ogni dove. La citta’ si e’ svegliata da poco quando arrivo ad Auckland City. Impiegati, studenti, ragazzi con l’uniforme della scuola che si recano a gruppetti nelle vie della citta’ per raggiungere il loro istituto. Qua e’ inverno e molti vestono a pantaloni corti. Anche i ragazzini in uniforme, pantaloni corti! Tutto mi sa di nuovo, ogni micro cosa che e' magari banale, ti colpisce. E andare per esempio da solo da una parte all'altra, trovare nuove vie, prendere le misure delle zone intorno al solito tragitto che fai ogni giorno, ti da carica, forza e autostima. Sei comunque in una citta' immensa non tua. La senti dentro la soddisfazione, mentre giorno dopo giorno ti sembra di essere assorbito da questa quotidianita’, e la citta’ e’ un po’ piu’ tua. Allora sorridi quando guardi chi ti viene incontro nei semafori di Queen Street... gente che attraversa in perpendicolare o in diagonale. Senti mille voci: inglese, indiano, coreano, arabo, cinese, e tu sei li... in questo microcosmo. In una frazione di 19 secondi quanto dura il tempo del verde pedonale, ecco in quella frazione di tempo breve, di quell'attraversamento pedonale, c'e' il mondo! E l'Italia, casa tua, sei tu! Sei esattamente come tutti gli altri... vieni da lontano, forse piu' lontano di altri, ma sei come loro. Non importa Africa, Cina, Asia, Spagna, Francia, Giappone, Arabia Saudita o Corea ecc. siamo tutti uguali qui. Tutti immigrati, ognuno con le sue idee, i suoi pensieri, i suoi progetti...ognuno che deve lottare, pregare e sperare che mamma immigration dica "Si puoi rimanere ecco il tuo visto... Your visa has been approved". Poi arrivo nella mia scuola, dove incontro il mio compagno di corso d'inglese che e' giapponese, Osamu. Spesso parliamo di come funziona nel loro Paese e come nel nostro, parliamo di quando i nostri Paesi erano alleati. E allora viene fuori che il nonno combatte' la seconda guerra mondiale nel Pacifico, contro gli americani. Abitava a Nagasaki, che lascio’ due giorni dopo la bomba di Hiroshima scampando cosi’ alla seconda bomba. Mi guarda sorridendo e mi dice – la scelta che fece mio nonno mi permette oggi di raccontarti questa storia, diversamente non sarei potuto essere qui a raccontartela. - Una storia accaduta nell’estate di 68 anni fa che oggi si incontra con la mia. E' strano sentire questi racconti perche' abbiamo sempre sentito la nostra parte, dove Inglesi e Americani erano i nostri nemici. Ai racconti dei nostril nonni ora si aggiunge quello di altri, accaduti in altre parti del mondo. E’ vera quella frase: “La Guerra divide i padri ma puo’ unire i figli”. Ho invitato a pranzo Osamu per fargli assaggiare i nostri spaghetti. Vedevo la felicita' mentre assaporava la "sana" carbonara che ho preparato. Ho osservato con rispettoso silenzio e un gran sorriso, il loro tradizionale inchino prima e dopo il pranzo in segno di ringraziamento. E’ davvero fantastica questa loro usanza che per lui e’ ovviamente spontanea. Scopro che spaghetti alla carbonara e spaghetti alla napoletana sono molto popolari in Giappone. Parliamo di tante cose, del loro stile di vita, della loro forma di Governo, dove esiste l’Imperatore e il Primo Ministro, cerco di spiegarli la figura del nostro Presidente della Repubblica. Alla fine mi dice – E’ un grande Paese il tuo! Siete delle brave persone. – Mi si stringe il cuore, so che e’ vero. E ribatto dicendogli che il suo e’ un popolo che sa ben sopportare tutto con una forza e un orgoglio straordinario e allo stesso tempo e’ in grado di ripartire tornando o provando a tornare, alla normalita’ in poco tempo. Il riferimento allo tsunami che ha colpito Fukushima (mi spiega che e’ sopra Tokio, la sua citta’) e’ inevitabile. Osamu mi guarda e mi dice – Grazie Alberto… mentre s’incupisce il volto. – con la “r” pronunciata male, si sforza di dirla bene ma so che per lui e’ davvero difficile. E’ stata una risposta semplice ma densa di significati. Non dimentichero’ questa esperienza. Aprire la propria mente e’ anche questo. Confrontarsi con culture e modi di fare e pensare letteralmente distanti anni luce da noi. Auckland e’ anche questo. Allora paragono queste cose, queste esperienze, questi incontri a quello che ero abituato nella mia piccola citta’. Immagino tutti quei Sardi che sono sparsi nel mondo, alcuni dormono, altri sono a lavoro, altri ancora si stanno svegliando o stanno per andare a letto. Tutto per via del fuso orario. Nonostante mi trovo aldila' dell'Oceano e delle Americhe casa e' piu' vicina. Mi piace pensare che un piccolo 4 Mori e' nel salotto dell’abitazione di ognuno di noi che ora e' lontano da casa, dalla propria terra, dalla propria gente... dalla nostra parlata che calca le doppie e da i nostri intercalari, che pian piano si stanno sostituendo coi "Yes" e i "Maybe". Auckland, questa immensa e pacifica citta', mi sta accogliendo nei migliori dei modi. Ogni giorno ne scopro un angolo, in questo mio "secondo tempo". E questo mi fa vedere i colori di questa nuova vita... come dice appunto la canzone dei Coldplay che ascolto mentre il 769 mi porta in città, seduto in mezzo a un piccolo microcosmo. Una vita in Technicolor…
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