Anche se la politica non ti interessa, tu fai politica almeno tre volte al giorno: quando mangi.
Mentre decidi gli ingredienti dei tuoi pasti stai facendo una serie di scelte che hanno conseguenze importanti sia vicino che lontano da te. Individui il luogo in cui comprare il cibo, selezioni con attenzione il prezzo, porti a casa l’involucro in cui te lo hanno venduto e forse sei già tra quelli che al supermercato o al ristorante cominciano a chiedersi quanto è stato lungo il suo viaggio dal campo a te. Quando arriva sulla tua tavola quell’alimento ha già determinato il destino della sua filiera economica e ne ha condizionato fortemente anche altre, come quelle dei trasporti, dell’energia, dello smaltimento rifiuti e della sanità.
Quello che mangiamo costruisce valore economico, ma non per noi.
In Sardegna Possibile abbiamo un’altra idea del rapporto tra cibo e territorio: la chiamiamo “agri-cultura” e ruota intorno a cinque punti cardine.
- Vogliamo costruire sovranità alimentare.
Crediamo nel diritto dei sardi alla sovranità alimentare così come è stato definito nel Forum di Nyeleni 2007 nel Mali: “la Sovranità alimentare è il diritto dei popoli a un cibo salubre, culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi sostenibili ed ecologici, in forza del loro diritto a definire i propri sistemi agricoli e alimentari. Pone le aspirazioni e i bisogni di coloro che producono, distribuiscono e consumano alimenti al cuore del sistema e delle politiche alimentari. Difende gli interessi e contempla le future generazioni. Offre una strategia di resistenza e smantellamento rispetto all’attuale regime commerciale alimentare sostenuto dalle corporazioni e un orientamento per i sistemi alimentari, agricoli, pastorali e della pesca definiti dai produttori e utilizzatori locali. La Sovranità alimentare riconosce priorità a economie e mercati locali e nazionali; promuove un commercio trasparente che garantisca redditi equi a tutte le persone così come il diritto dei consumatori al controllo della propria nutrizione. Assicura che i diritti d’uso e gestione di terre, territori, acque, semi, mandrie e biodiversità siano nelle mani di coloro che producono il cibo. La Sovranità alimentare implica nuove relazioni sociali libere da oppressione e ineguaglianze fra uomini e donne, popoli, gruppi etnici, classi economiche e generazioni.” - Vogliamo tutelare la terra fertile.
Crediamo di essere molto fortunati a disporre di estensioni di terra fertile superiori al nostro fabbisogno: sappiamo che nel mondo non tutti hanno questo privilegio e che il controllo delle risorse agroalimentari è il tavolo su cui si stanno già giocando le partite economiche del futuro. Per questo consideriamo l’agro di Sardegna un bene comune molto prezioso. Vogliamo che sia usato per affrontare la crescente domanda di cibo e non più inquinato da servitù industriali e militari o sacrificato a speculazioni energetiche ed edilizie. - Vogliamo che chi produce il cibo sia riconosciuto e rispettato.
Crediamo che il nutrimento sia la risorsa più importante di cui disponiamo, perchè determina la nostra salute, la nostra qualità di vita ed è da sempre veicolo importante di relazioni umane, culturali ed economiche. Per questa ragione per noi chi produce il cibo esercita una professione dal valore sociale fondamentale che merita spazi di formazione e modalità di riconoscimento economico molto maggiori di quelli di cui gode ora. - Vogliamo che il cibo sia uno strumento per costruire relazioni con il mondo.
Crediamo che il cibo sia un luogo di incontro naturale tra culture e che per questo rappresenti un veicolo privilegiato dell’idea di Sardegna che vogliamo interpretare, fuori e dentro l’isola. Per il visitatore il patrimonio di saperi e sapori agroalimentari di cui disponiamo deve tornare a essere parte integrante del paesaggio simbolico della Sardegna, ma il cibo che produciamo deve servire anche ai sardi come luogo di riconoscimento reciproco tra cultura rurale e cultura urbana. - Vogliamo che l’agricoltura sia organizzata e studiata come merita.
Crediamo che l’organizzazione dei produttori di cibo piccoli, medi e grandi sia l’elemento primario della ridefinizione della centralità dell’agricoltura nell’economia sarda. Siamo convinti che la politica debba favorire la cultura di filiera mettendo a disposizione risorse più significative e che il sistema formativo che genera competenze a servizio dell’agricoltura contemporanea debba essere potenziato ulteriormente per valorizzare in modo adeguato i saperi delle tradizioni presenti e costruire quelli futuri.
E’ un manifesto sul cibo? Crediamo di sì e per questo lo si può anche firmare e condividere nel modulo mobile a destra.
E’ però soprattutto una dichiarazione di impegno: la filiera del cibo avrà un peso molto rilevante nelle proposte del programma elettorale che stiamo costruendo per la nostra coalizione. E’ con questa attenzione al tema della terra che nei mesi passati abbiamo incontrato sul territorio decine di contadini, pastori, apicoltori, trasformatori, esportatori, esercenti e ristoratori a tutti i livelli: li abbiamo ascoltati e abbiamo costruito grazie a loro la domanda intorno alla quale vogliamo ragionare insieme nel prossimo Open Space Technology.
“Cosa serve alla Sardegna per fare del cibo la sua economia?”
Domenica 10 novembre dalle 10 del mattino alle 17 ci ritroveremo ad Arborea e proveremo a dare una risposta.Se pensi di poter dare un contributo al tema, iscriviti all’OST: partecipare è gratuito e non implica l’adesione al progetto di Sardegna Possibile.
Puoi farlo semplicemente cliccando qui.
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Cosa si fa in un Open Space Technology? Facciamo prima a fartelo vedere che a spiegarlo:
dai un’occhiata a questo video!
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