Prof. Franco Berrino. |
Milano, 15 gennaio 2014 - Oncologo e consulente della Direzione scientifica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, cultore delle discipline orientali e gran viaggiatore solitario in Oriente, il professor Franco Berrino è il grande guru di Cascina Rosa, la sede del dipartimento di medicina predittiva dell’Istituto, dove si studia il rapporto tra stili di vita, genetica e insorgenza delle malattie.
«Le grandi linee sono due. Una è sulla frequenza della malattia, qui ha sede il registro regionale dei tumori. Ma c’è anche il coordinamento europeo degli studi sulla sopravvivenza dei malati neoplastici nei diversi Paesi europei. Facciamo studi particolari sui tumori rari e sulla difficoltà di studiarli.E poi c’è un altro grande settore di ricerca, quello sulle cause legate allo stile di vita e all’alimentazione».
Ecco il punto chiave.
«Oggi stiamo seguendo in Europa 500 mila persone che ci hanno dato campioni di sangue, che conserviamo, e informazioni sulla loro vita, sulle abitudini alimentari. Un enorme studio cui partecipano dieci Paesi e 24 centri di ricerca. Seguiamo nel tempo queste persone e vediamo chi si ammala e di cosa. Studiamo le loro abitudini e confrontiamo chi si ammala con chi non si ammala».
«Oggi stiamo seguendo in Europa 500 mila persone che ci hanno dato campioni di sangue, che conserviamo, e informazioni sulla loro vita, sulle abitudini alimentari. Un enorme studio cui partecipano dieci Paesi e 24 centri di ricerca. Seguiamo nel tempo queste persone e vediamo chi si ammala e di cosa. Studiamo le loro abitudini e confrontiamo chi si ammala con chi non si ammala».
Uno studio che avrà dato molte informazioni utili.
«Moltissime, sulla relazione tra alimentazione e malattie, compreso il tumore. Dopo i primi risultati, abbiamo deciso che valeva la pena di intervenire. Così, a metà degli anni ’90 abbiamo iniziato progetti che modificavano l’alimentazione, per vedere se le persone si ammalassero di meno».
«Moltissime, sulla relazione tra alimentazione e malattie, compreso il tumore. Dopo i primi risultati, abbiamo deciso che valeva la pena di intervenire. Così, a metà degli anni ’90 abbiamo iniziato progetti che modificavano l’alimentazione, per vedere se le persone si ammalassero di meno».
Cosa avete scoperto?
«Per esempio che le donne che avevano alti livelli di ormoni sessuali maschili nel sangue o di insulina si ammalano di più di cancro alla mammella. È iniziato così il progetto Diana, che tende a ridurre il livello di ormoni nella donna. E in cinque-sei mesi abbiano visto cambiamenti clamorosi».
«Per esempio che le donne che avevano alti livelli di ormoni sessuali maschili nel sangue o di insulina si ammalano di più di cancro alla mammella. È iniziato così il progetto Diana, che tende a ridurre il livello di ormoni nella donna. E in cinque-sei mesi abbiano visto cambiamenti clamorosi».
Del tipo?
«Con una dieta mediterranea tradizionale, macrobiotica, basata sui cereali integrali, sui legumi, sulle verdure, sui dolci senza zucchero e sulla limitazione dei prodotti animali, come la carne, abbiamo visto risultati eccezionali, con la riduzione degli ormoni troppo alti, dell’insulina, del colesterolo, dei trigliceridi e della glicemia, oltre che con un aumento delle sostanze protettive nel sangue e una riduzione dello stato infiammatorio».
«Con una dieta mediterranea tradizionale, macrobiotica, basata sui cereali integrali, sui legumi, sulle verdure, sui dolci senza zucchero e sulla limitazione dei prodotti animali, come la carne, abbiamo visto risultati eccezionali, con la riduzione degli ormoni troppo alti, dell’insulina, del colesterolo, dei trigliceridi e della glicemia, oltre che con un aumento delle sostanze protettive nel sangue e una riduzione dello stato infiammatorio».
E il futuro?
«I risultati dello studio Diana ci hanno incoraggiati ad avviare studi molto più importanti, appunto quello a cui partecipano 2.300 donne che hanno avuto il cancro alla mammella. Lo scopo è vedere se modificando l’alimentazione e aumentando l’attività fisica, riusciamo a ridurre l’incidenza delle recidive».
«I risultati dello studio Diana ci hanno incoraggiati ad avviare studi molto più importanti, appunto quello a cui partecipano 2.300 donne che hanno avuto il cancro alla mammella. Lo scopo è vedere se modificando l’alimentazione e aumentando l’attività fisica, riusciamo a ridurre l’incidenza delle recidive».
Avete già qualche certezza?
«Già sappiamo che le donne che si erano iscritte al progetto avevano la sindrome metabolica, ovvero la condizione definita dal fatto di avere un po’ di pancetta, la pressione alta, come i trigliceridi e la glicemia, e il colesterolo buono basso. Bastano tre di questi cinque fattori per avere la sindrome. Di recente abbiamo visto che questa sindrome è associata anche al cancro. Ma noi sappiamo benissimo come farla regredire. Con un’alimentazione mediterranea tradizionale».
«Già sappiamo che le donne che si erano iscritte al progetto avevano la sindrome metabolica, ovvero la condizione definita dal fatto di avere un po’ di pancetta, la pressione alta, come i trigliceridi e la glicemia, e il colesterolo buono basso. Bastano tre di questi cinque fattori per avere la sindrome. Di recente abbiamo visto che questa sindrome è associata anche al cancro. Ma noi sappiamo benissimo come farla regredire. Con un’alimentazione mediterranea tradizionale».
Intervista pubblicata su "Il Giorno.net".
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