- Socia, come va? Dove sei? –
- Va benissimo! Sono al bar –
- Ti sei ritirata? Hai fatto bene! –
Ero certa della sua approvazione.
- Ti sei persa? –
- No, non mi sono persa –
Il fatto che abbia sbagliato il percorso per ben tre volte alla Sardinia Trail porta il mio socio a trarre conclusioni affrettate.
- Era molto dura? –
- Era durissima! –
- Vabbè, pazienza. La facciamo quella dell’Etna? –
- Forse, penso di si, credo di si. -
Il mio socio è fatto così: non ti da neanche il tempo di leccarti le ferite che ti rimette subito in piedi.
Io gli racconto la mia gara o meglio i miei 2/5 di gara davanti al secondo, meritatissimo, boccale di birra. Dopo un ritiro bisogna sempre festeggiare!
I primi segnali che non ero destinata a portare a termine l’impresa si avvertivano già alcuni giorni prima:
- Giovanna, sono Alessandra, non arriverò a Orroli prima delle 10 di venerdì sera potresti consegnarmi il pettorale sabato alla partenza? –
- È fuori discussione! Sabato si parte alle 5 del mattino e non abbiamo il tempo di consegnare pettorali. Troviamo un’altra soluzione. –
Realizzo in quel momento che la partenza non è più alle 7 ma alle 5 del mattino. - Perché? - Se tanto per la gara è previsto un tempo massimo di 50 ore perché passare in bianco anche la notte del venerdì oltre a quella del sabato e, forse, della domenica? Espongo le mie perplessità.
- Lo facciamo per risparmiarvi un po’ di caldo. È per la vostra sicurezza! –
Adesso che sono sicura che mi addormenterò durante la gara mi sento più tranquilla! E il pettorale?
Prendo accordi per il ritiro. Qualcosa non va per il verso giusto e mi ritrovo venerdì notte a vagare per Orroli per recuperare il numero di gara.
Alle 11 di notte mio marito mi ricorda che, per cucinare la pasta nella camera d’albergo, è necessario un fornellino da campeggio perfettamente funzionante, come quello che abbiamo lasciato a casa.
Alle 3 e 45 di sabato mattina suona la sveglia. Muoio di fame. Ci vuole una bella colazione, adesso metto su il caffè.
- Anto, hai preso tu la caffettiera elettrica dalla macchina? –
- No è ancora li, adesso vado a prendertela –
La macchina è parcheggiata a diverse centinaia di metri di distanza e quel sant’uomo di mio marito esce correndo dalla stanza.
Torna con il bottino mentre io combatto con il numero di gara che ha delle dimensioni che non si discostano di molto da quelle di un lenzuolo da una piazza e mezzo, e non bisogna piegarlo o oscurarlo, pena la squalifica!
- Nella stanza qui affianco c’è la macchinetta per il caffè –
Mi riferisce Anto ancora con il fiatone.
Alle 4 e 50 sono al Nuraghe Arrubiu. Il bar è aperto e gli altri atleti stanno terminando di fare colazione.
Foto di gruppo alla partenza. Io sono dietro a tutti gli altri a cercare la frontale nello zainetto.
Via!
Tutti corrono. Io cammino. Quattro macchine seguono gli atleti. I veri atleti! Io non vengo presa in considerazione. D’altronde non compaio neanche nella foto! Sono dietro i veicoli a respirare gas di scarico.
Per fortuna la strada è breve e si prosegue su un sentierino. Mi ricongiungo con Bruno, Aldo, Angelo e Tullio. Hanno perso i segni fosforescenti che dovrebbero indicarci il percorso.
Li ritroviamo quasi subito e proseguiamo insieme.
Chiacchiero con Tullio, un atleta non vedente che fa gare di trail running, gioca a tennis e ha il brevetto sub.
Dopo un po’ devo fermarmi a sistemare la frontale nello zainetto e bloccare la cerniera di una tasca che continua ad aprirsi.
Qualcuno ha perso una borraccia. La prendo con me e corricchio con i bastoncini da trekking in una mano e la borraccia nell’altra. Faccio circa un km così poi provo a lanciare la borraccia di fronte a me, la riprendo, la lancio di nuovo e così via.
Potrei bere l’acqua e infilare la borraccia dentro la canotta, se poi incontro il proprietario gliela posso sempre riempire con l’acqua che porto nello zaino.
Ho deciso che la porterò con me fino al primo controllo. Non so se il mio è rispetto per l’ambiente o se ormai è diventata una sorta di scommessa con me stessa.
Incontro i ragazzi del soccorso alpino svito il tappo della borraccia e la sollevo in alto per brindare alla mia vittoria, bevo gli ultimi sorsi e gliela consegno.
Avevo dubitato che il percorso potesse essere mal segnalato invece è segnato benissimo, anzi no, perché quella freccia verde termina nell’acqua?
Ah già non c’ero al briefing ma qualcuno mi ha accennato a dei guadi.
Mi fermo, tolgo le calze, le infilo nello zaino e rimetto le scarpe.
Il percorso è veramente bello: quasi tutto all’ombra, con dei simpatici passaggi di facile arrampicata, alcuni guadi e pietraie con rocce bianchissime.
La segnatura è quasi eccessiva. Impossibile perdersi.
Decido che appena mi fermerò per rimettere le calze chiamerò Giovanna per complimentarmi con lei.
Intanto ho ripreso un altro atleta che non sembra condividere il mio entusiasmo per i passaggi esposti.
Adesso si risale l’argine, si costeggia la diga e si prosegue su una stradina. Dove sono finiti i segni?
Mi accingo a tornare indietro per verificare se mi è sfuggito un bivio e sento delle voci.
Marta, Alessandra e Franco hanno il mio stesso dubbio e stanno ripercorrendo i loro passi alla ricerca di frecce verdi. Torno indietro con loro. Davanti a noi altri proseguono.
Ecco l’ultimo segno. Eravamo sul sentiero giusto.
In lontananza la voce di Aldo che ci chiama.
Meno male che non ho chiamato Giovanna!
Dopo i primi 20 km di bosco e giochi d’acqua si prosegue su asfalto. Sono le ore più calde della giornata. La monotonia del paesaggio è interrotta dall’incontro con un ragazzo in calzoncini da running che, all’ombra di un ombrellone, osserva il passaggio degli ultramaratoneti. È Antonello, mio marito, si è fatto i suoi 15 km di allenamento e adesso offre sorrisi e incoraggiamenti agli atleti stravolti dal caldo.
L’asfalto rovente comincia a darmi problemi ai piedi. E pensare che dopo il Passatore mi sono detta: - adesso per un po’ solo sentieri – e invece…
Supero e vengo superata, faccio alcuni tratti in compagnia ma per lo più sono da sola.
Non vedo l’ora che il sole scenda. Di notte, con il fresco sarà più facile proseguire. Ho percorso ormai più di 60 km e dovrei essere vicina al terzo checkpoint. L’asfalto è stato sostituito da una sterrata polverosa e il caldo non accenna a diminuire. Ancora un paio d’ore poi andrà meglio.
Questa notte ci sarà fresco ma domani?
Realizzo in un istante che, se anche proseguissi per tutta la notte dovrei affrontare un’altra giornata con temperature da altoforno. Il percorso se si esclude la prima parte di gara non mi entusiasma, anzi è abbastanza noioso.
La probabilità che porti a termine la gara è molto prossima allo zero.
Decido di abbandonare.
- Anto, non ne ho più voglia! Mi ritiro! Mi verresti a prendere al terzo checkpoint? –
- Ci verrei se sapessi dov’è. Il percorso che hanno pubblicato sul sito internet della gara è diverso da quello che state facendo –
- Stai scherzando? –
- No, purtroppo sono serio ma sono in compagnia dei ragazzi del soccorso. Se ci dai le coordinate del punto in cui ti trovi veniamo a prenderti –
Traffico con il GPS e fornisco le coordinate. Intanto all’altro capo del telefono sento che parlano al telefono con Giovanna.
- No, non si è persa! Il suo numero 328… Il numero di pettorale? 28. Si, sta bene ma si ritira. Il telefono? 328… Perché si ritira? Il numero? Quale numero? –
- Anto se volete a Giovanna la chiamo io e le dico che mi ritiro perché non mi piace il percorso e non ne ho più voglia –
- No, non importa. Non muoverti che veniamo a prenderti! –
- Vado al checkpoint e mi ritiro lì, così saluto gli altri –
- Non muoverti. Non sappiamo dov’è il checkpoint –
- Va bene –
Vengo raggiunta da Alessandra e Franco. Loro sono intenzionati a proseguire. Gli offro cibo e acqua ma rifiutano.
Intanto arriva il fuoristrada del soccorso con Antonello a bordo. Mi informano che altri atleti si sono ritirati prima di me.
Dopo poco più di mezz’ora sono già al bar, con una birra in mano al telefono con Teo.
L’indomani mattina scoprirò che dopo il km 75 hanno proseguito solo in quattro. Che a metà gara hanno stilato una classifica degli atleti che sono arrivati fin li, che Ivan Zufferli ha tagliato il traguardo per primo la domenica mattina.
Lunedì sera: è appena arrivato un messaggio di Teo: “Vi ho appena mandato una mail per l’Etna. Rispondete a Checco così fa lui un’unica iscrizione”.
PS. Le foto che ritraggono Alessandra Ardau sono state fatte da Gavino Sole.
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