(Tratto da "La Stampa" del 26-08-14).
Quello che mangiamo ha un’influenza sul processo d’invecchiamento. Queste le conclusioni di un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’University College London (UCL) – con il supporto del Biotechnology and Biological Sciences Research Council (BBSRC) – che hanno dimostrato proprio come l’interazione tra la dieta, il metabolismo e l’immunità siano coinvolti nel processo d’invecchiamento dell’organismo che, spesso, si traduce in una minore efficienza del sistema immunitario. Questa condizione espone maggiormente le persone al rischio di condizioni come l’infiammazione, le infezioni e malattie come il cancro.
Agire dunque sulla dieta, secondo i ricercatori, potrebbe contribuire a rendere più efficaci le terapie esistenti che agiscono sul sistema immunitario.
Agire dunque sulla dieta, secondo i ricercatori, potrebbe contribuire a rendere più efficaci le terapie esistenti che agiscono sul sistema immunitario.
Già in precedenti ricerche, finanziate dal BBSRC, il team di ricerca UCL coordinato dal professor Arne Akbar aveva dimostrato che l’invecchiamento delle cellule del sistema immunitario – note come linfociti T – era controllato da una molecola chiamata “p38 MAPK”, la quale agisce a mo’ di freno, impedendo alcune funzioni cellulari. Questa azione di freno può essere tuttavia invertita mediante un inibitore della p38 MAPK. I ricercatori ritengono che l’inibizione della molecola offra la possibilità di ringiovanire con un trattamento farmacologico le cellule T invecchiate.
Ma la ricerca, ora, è andata oltre. Si è infatti scoperto che p38 MAPK è attivata da bassi livelli di nutrienti – insieme a segnali associati con l’età, o la senescenza – all’interno della cellula.
La scoperta conferma quanto già sospettato da tempo, ossia che la dieta, il metabolismo e l’immunità sono collegati. E i risultati di questo studio – pubblicato su Nature Immunology –forniscono le prove di come nutrienti e segnali di senescenza convergano per regolare la funzione dei linfociti T. Inoltre, suggeriscono che la funzione dei vecchi linfociti T può essere ricostituitabloccando una delle diverse molecole coinvolte nel processo.
Per questa ricerca, il team dell’UCL ha lavorato insieme ai colleghi del Complejo Hospitalario de Navarra di Pamplona (Spagna).
La scoperta conferma quanto già sospettato da tempo, ossia che la dieta, il metabolismo e l’immunità sono collegati. E i risultati di questo studio – pubblicato su Nature Immunology –forniscono le prove di come nutrienti e segnali di senescenza convergano per regolare la funzione dei linfociti T. Inoltre, suggeriscono che la funzione dei vecchi linfociti T può essere ricostituitabloccando una delle diverse molecole coinvolte nel processo.
Per questa ricerca, il team dell’UCL ha lavorato insieme ai colleghi del Complejo Hospitalario de Navarra di Pamplona (Spagna).
Il The Journal of Clinical Investigation ha poi pubblicato i risultati un altro nuovo studio – condotto sempre dai ricercatori dell’UCL, in collaborazione con quelli dell’Università di Oxford e dell’Università Tor Vergata di Roma – in cui si è dimostrato come il blocco di p38 MAPK abbia potenziato la capacità delle cellule che avevano mostrato segni di invecchiamento, migliorato la funzione dei mitocondri e migliorato la loro capacità di dividersi.
Il riciclo di molecole intracellulari – un processo noto come autofagia – ha poi fornito l’energia supplementare alle cellule affinché potessero dividersi. Questo mette in evidenza l’esistenza di una via di segnalazione comune per i vecchi e senescenti linfociti T, che controlla la loro funzione immunitaria, così come il metabolismo. Tutto questo sottolinea ulteriormente l’intima associazione tra l’invecchiamento e il metabolismo dei linfociti T.
Il riciclo di molecole intracellulari – un processo noto come autofagia – ha poi fornito l’energia supplementare alle cellule affinché potessero dividersi. Questo mette in evidenza l’esistenza di una via di segnalazione comune per i vecchi e senescenti linfociti T, che controlla la loro funzione immunitaria, così come il metabolismo. Tutto questo sottolinea ulteriormente l’intima associazione tra l’invecchiamento e il metabolismo dei linfociti T.
«La nostra speranza di vita alla nascita – spiega il dott. Arne Akbar – è divenuta ormai il doppio di quanto non fosse 150 anni fa, e la durata della vita è in aumento. I costi sanitari associati con l’invecchiamento sono enormi e ci sarà un numero sempre maggiore di anziani nella nostra società che avranno una minore qualità della vita dovuta in parte al declino immunitario. E’ pertanto essenziale comprendere le ragioni del perché l’immunità si abbassa e se è possibile contrastare alcuni di questi cambiamenti».
«Una questione importante – prosegue Akbar – è se questa conoscenza può essere utilizzata per migliorare l’immunità durante l’invecchiamento. Molte aziende farmaceutiche hanno già sviluppato inibitori della p38 nel tentativo di curare le malattie infiammatorie. Una nuova possibilità per il loro uso è che questi composti potrebbero essere utilizzati per migliorare l’immunità nei soggetti anziani. Un’altra possibilità è che la dieta, invece di un intervento farmacologico, potrebbe essere utilizzata per migliorare l’immunità, dato che metabolismo e senescenza sono due facce della stessa medaglia».
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