Nei confronti degli integratori alimentari (più precisamente detti nutraceutici) esiste molto scetticismo e parecchia disinformazione. La classe medica certamente non ha contribuito a diffondere informazioni scientificamente valide sul tema a causa di un misto di incompetenza, disinteresse e malafede. Per questo ancora oggi si sentono spesso opinioni di esperti o pseudotali che sostengono che non servono a nulla, che sono soldi buttati via o addirittura che sono dannosi.
Spesso mancano, è vero, grandi studi randomizzati, simili a quelli usati per valutare i farmaci. Ma questo tipo di studio è disegnato per valutare l’effetto di un farmaco su una singola patologia e si adatta male a comprendere i molteplici effetti dei nutrienti sulla salute. Inoltre gli studi randomizzati non hanno in genere durata sufficiente a valutare gli effetti di sostanze naturali che agiscono con tempistiche molto più lunghe rispetto ai farmaci.
GLI INTEGRATORI CHIAVE
Un’analisi della letteratura di qualche anno fa (The Lewin Group.2006. An evidence-based study of the role of dietary supplements in helping seniors maintain their independence. Prepared for: The Dietary Supplement Education Alliance), ha messo in evidenza come pochi integratori chiave potrebbero prevenire molte malattie croniche e far risparmiare miliardi di dollari in pochi anni. Lo studio ha preso in considerazione solo integratori basilari usati per scopi tradizionali:
- Calcio e vitamina D per contrastare l’osteoporosi
- Acido folico per prevenire difetti del tubo neurale
- Omega-3 per ridurre il rischio cardiovascolare
- Luteina e zeaxantina per prevenire la degenerazione maculare
I ricercatori sono stati molto selettivi e hanno preso in considerazione solo gli studi che rispettavano i seguenti criteri:
- L’integratore deve produrre un effetto fisiologico misurabile
- L’effetto fisiologico deve corrispondere ad un cambiamento della condizione di salute
- Il cambiamento dello stato di salute deve corrispondere ad una diminuita spesa sanitaria
I RISULTATI DELLA RICERCA
I dati sono davvero interessanti. Partiamo da calcio e vitamina D in cui lo studio del Lewin Group stima che l’uso di questi 2 integratori potrebbe prevenire oltre 776.000 ospedalizzazioni per frattura dell’anca in 5 anni con un risparmio di 16.1 miliardi di dollari.
Invece l’uso di omega-3 per prevenire aritmie cardiache, ridurre l’ infiammazione, abbassare il colesterolo e la pressione potrebbe prevenire 374.000 ospedalizzazioni riducendo i costi di 3.2 miliardi di dollari in 5 anni. L’uso di luteina e zeaxantina potrebbe invece aiutare 190.000 persone ad evitare l’assistenza per cecità comportando costi ridotti per 3.6 miliardi di dollari. Infine 44 milioni di donne negli USA non assumono acido folico durante la gravidanza. Se solo 11.3 milioni di esse assumessero acido folico ci sarebbero 600 neonati in meno con diffetti del tubo neurale con un risparmio di 1.4 miliardi di dollari. Se si sommano questi dati si arriva alla conclusione che spendendo qualche soldo in più al giorno, in 5 anni si otterrebbero 24 miliardi di costi sanitari in meno. Certo sono dati americani ma quelli per l’Europa e l’Italia non si discosterebbero di molto. E questi dati non prendono in considerazione né le persone con meno di 65 anni né i molteplici benefici che singoli integratori producono. Basti pensare all’azione preventiva sui tumori della vitamina D che in questa analisi non è stata presa in considerazione.
Dunque chi si ostina a sostenere che gli integratori non servono forse dovrebbe studiare più a fondo la letteratura scientifica. Come concludeva uno studio di qualche anno fa sul Journal of the American Medical Association (JAMA), i medici dovrebbero invece fare maggiori sforzi per comprendere se i pazienti assumono le vitamine necessarie.
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