Il venerdì precedente la Nove Colli Running, che ricordo essere una gara di corsa di 202 km lungo le strade della Nove Colli in bicicletta, si presenta per la prima volta nel mio studio un atleta in procinto di partecipare alla gara in questione. E’ un esperto di corsa su trail, avendo tra le altre cose già corso due volte il Tor des Geants (330 Km di trail con 24mila metri di dislivello). Ha alle spalle anche due tentativi non conclusi alla stessa Nove Colli Running. In allenamento ha già effettuato già dai primi mesi dell’anno parecchi lunghi da 100 km.
Escluse le tendinopatie rotulee, il dolore anteriore di ginocchio viene in genere definito Sindrome femoro-rotulea, in quanto le strutture implicate sono quelle che formano l’articolazione tra il femore e la rotula. Il problema con questa diagnosi è che è troppo generica: mi dice solo quali sono le strutture implicate, ma non mi dice nulla del perché, ossia delle cause che hanno portato al dolore. In sostanza, non mi indirizza al trattamento: non mi dice cosa devo fare al paziente!
Stesso discorso sugli esami strumentali: anche se la risonanza ha evidenziato una sofferenza della cartilagine rotulea, cosa devo fargli? Noi non trattiamo la cartilagine: il danno strutturale è compito dell’ortopedico, ammesso che si possa fare qualcosa. Noi cerchiamo di identificare le disfunzioni di movimento che nel tempo hanno portato al danno della cartilagine: se riusciamo a individuarlo e correggerlo, il dolore in genere sparisce, anche se la cartilagine rimane tale e quale (ricordo al volo che tra l’altro la cartilagine non è innervata, per cui non può generare dolore: per maggiori dettagli sugli esami strumentali, vedi questo articolo).
In sostanza, io ho bisogno di una diagnosi fisioterapica, o diagnosi funzionale: una diagnosi che mi indichi qual è la causa del dolore, non tanto qual è il tessuto doloroso.
A questo riguardo, Sahrmann e colleghi (fisioterapisti tra i massimi studiosi di disfunzioni del movimento) hanno suddiviso il dolore anteriore di ginocchio in tre sottocategorie, ognuna caratterizzata da delle sue disfunzioni specifiche. La prima è quella in cui il ginocchio cade all’interno durante l’appoggio; la seconda è quella in cui la rotula presenta una disfunzione di allineamento laterale nella gola del femore. Dai test effettuati, l’atleta in questione non aveva disfunzioni di questo tipo.
La terza sindrome descritta dalla Sahrmann è definita Sindrome da estensione con scivolamento superiore della rotula: sembra una cosa molto complicata, ma in realtà non lo è. In sostanza in questi soggetti si sviluppa un’eccessiva rigidità del quadricipite, che tende semplicemente a tirare la rotula verso l’alto, risultando in dolore nella zona rotulea. E’ una sindrome tipica dei corridori o dei pallavolisti: soggetti che richiedono una estensione di ginocchio ripetitiva o molto forte. Spesso viene definita ginocchio del saltatore o ginocchio del corridore, a seconda dell’esatta struttura implicata. Secondo Sahrmann, il trattamento deve essere incentrato sulla riduzione della rigidità/accorciamento del quadricipite, e sul rinforzo dei glutei e della muscolatura posteriore della coscia, in modo da ridurre la dominanza del quadricipite stesso durante il salto o l’appoggio. Viene inoltre proposta una tecnica di manipolazione della rotula per migliorare il suo posizionamento. Il dolore può essere ridotto stabilizzando la rotula verso il basso durante la corsa. A questo proposito Sahrmann e colleghi hanno sviluppato una tecnica di taping apposita per ridurre il “tiraggio” del quadricipite sulla rotula.
Il taping proposto dalla Sahrmann
Per il modo in cui si comportano i sintomi dell’atleta in questione, penso che questo taping possa essergli utile per stabilizzare la rotula durante la fase di appoggio: infatti è proprio in questa fase che la contrazione eccentrica del quadricipite esercita una trazione verso l’alto sulla rotula, e potrebbe spiegare il dolore trafittivo che gli compare dopo 60 chilometri. Anche il fatto che trovi momentaneo sollievo accovacciandosi, mi fa propendere per questa ipotesi. Accovacciandosi, non fa altro che allungare un po’ il quadricipite e ridurre un po la tensione sulla rotula: probabilmente avrebbe ottenuto lo stesso beneficio anche facendo il classico stretching del quadricipite con il tallone dietro al sedere. Per cui, visto che:
- non abbiamo tempo, visto che la gara è il giorno dopo;
- è chiaro ad entrambi che se non facciamo nulla si dovrà sicuramente fermare, visto quello che è successo negli ultimi tempi;
- non è che ci sia molto altro da fare;
- in sostanza, non abbiamo niente da perdere,
decidiamo di comune accordo di adottare la nota tattica: “o la va, o la spacca”!
Per cui decido di mettergli il tape in questione, tra l’altro con una tensione verso il basso maggiore di quella che uso di solito, visto che deve correrci sopra per tanti chilometri, e visto che l’effetto deve essere ancora presente al 60esimo chilometro. Sentirà tirare all’inizio, ma se funziona, manterrà l’effetto più a lungo. L’unica accortezza è che se sentirà dolore prima del 60esimo chilometro, significa che il tape fa più male che bene, per cui toglierà tutto. Ci lasciamo incrociando le dita, e cercando di nascondere lo scetticismo che a ben guardare ognuno leggeva negli occhi dell'altro.
E invece....
Ore 00.30 a Sogliano, km 95
Ore 12.50 a Borghi, km 175: il tape tiene!
La bomba per arrivare a Cesenatico: minestrina in brodo!
Alla fine, con un pò di fortuna, obiettivo raggiunto, anche grazie alla Sahrmann...
Non che importi molto in sfide di questo tipo, ma è arrivato 47°: grande!
...e comunque, il brodo era di pollo, mica fatto col dado!
Samuele Graffiedi, Fisioterapista
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