La massima velocità aerobica (MVA) è, per definizione, la velocità a partire dalla quale un essere umano raggiunge la soglia del massimo consumo di ossigeno. Al di sotto di questa soglia la maggior parte dell’energia necessaria allo sforzo proviene dalla respirazione aerobica. Al di sopra il consumo di ossigeno resta costante e la potenza supplementare viene fornita dalla formazione di acido lattico.
Il valore della massima velocità di soglia permette di comprendere le capacità aerobiche di un atleta e di adattare l’allenamento alle reali attitudini che l’atleta stesso possiede.
Un test molto diffuso per il calcolo della MVA (basato sugli studi di Billat) è il test dei sei minuti. Secondo questo test, la MVA (che si misura in km/h) corrisponde alla velocità media tenuta dall’atleta durante una corsa della durata di sei minuti.
Un test molto diffuso per il calcolo della MVA (basato sugli studi di Billat) è il test dei sei minuti. Secondo questo test, la MVA (che si misura in km/h) corrisponde alla velocità media tenuta dall’atleta durante una corsa della durata di sei minuti.
Le proposte che seguono sono solo alcune metodiche per allenare questo sistema, ovviamente ne esistono molte altre. Non sono esposte in base all’importanza ma ai criteri applicativi e sono effettuabili su terreno pianeggiante, quindi eseguibili anche dagli atleti che non hanno a disposizione colline o montagne. Le esercitazioni elencate propongono l’esecuzione di un buon riscaldamento e il terreno di lavoro può essere costituito sia da asfalto che da sterrato; in linea di massima è preferibile un terreno naturale ma stabile e con fondo non troppo dissestato per evitare di far decadere il lavoro qualitativo.
30”-30”
Si tratta di una tecnica di lavoro con variazioni di velocità, molto efficace, da eseguire in questa forma: 30” ad andatura quasi massimale alternati a 30” lenti. Queste sedute sono particolarmente adatte al miglioramento cardiovascolare e della massima velocità aerobica, delle componenti aerobiche periferiche. Normalmente, dopo una esecuzione quasi massimale, nella fase di recupero le pulsazioni dovrebbero abbassarsi di 10-15 batt/min. Si possono eseguire sequenze di lavoro fino a 20 ripetizioni, a seconda dell’allenamento e del periodo dell’anno in cui si svolge il lavoro, l’importante è interrompere l’allenamento nel momento in cui ci si trovi in condizioni di affanno eccessivo poiché in questo caso si entrerebbe in un regime di lavoro totalmente lattacido. E’ effettuabile su terreno pianeggiante sia asfaltato che sterrato.
15”-15”
Lavoro simile al precedente ma dinamico, comporta un minore accumulo rispetto al 30”-30”. Da un punto di vista applicativo è un esercizio molto intenso, anche se non comporta un grande sviluppo chilometrico. L’importante è creare una differenza di velocità tra la fase attiva e quella di recupero, evitando di effettuare una corsa continua. Costituisce un buon esercizio per chi ha bisogno di velocizzare, anche se dal punto di vista cardio-respiratorio c’è un recupero troppo breve per cui l’andamento della frequenza cardiaca risulta pressoché costante a fronte delle velocità.
60”-60”
Lavoro simile ai precedenti, ma molto più intenso, da eseguire in questa forma: 60” ad andatura sub-massimale alternati a 60” lenti. Rispetto ai precedenti lavori è più specifico per la resistenza. Si possono eseguire da un minimo 10 variazioni a un massimo di 20 ripetizioni, l’importante che sia i 60” veloci e sia i 60” di recupero siano eseguiti sempre alla stessa velocità ad ogni ripetizione; quando i 60” veloci scadono come velocità o distanza, è meglio fermarsi oppure impostare le variazioni ad un ritmo più lento sin dall’inizio. Anche questo esercizio è effettuabile su terreno pianeggiante, sia asfaltato che sterrato.
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