Chi ha l'abitudine di controllare le etichette dei prodotti alimentari prima di compiere un acquisto si sarà imbattuto nella dicitura "olio di palma" oppure "olio vegetale", che, se non seguita da una ulteriore specificazione posta tra parentesi e riguardante il tipo di olio utilizzato, potrebbe nascondere proprio quest'olio di provenienza esotica e sempre meno ben visto sia dal punto di vista salutistico che ambientale.
L'olio di palma, nei comuni prodotti confezionati, non manca di essere utilizzato in prodotti sia dolci che salati, tra i quali è possibile individuare diversi tipi di alimenti da forno, come crackers e grissini, ma anche merendine di vario genere e biscotti, senza contare alcune delle creme spalmabili più diffuse ed alcuni tipi di margarina, oltre che alcune basi pronte fresche o surgelate per la preparazione di torte salate, pizze e focacce e differenti tipologie di pietanze precotte o prefritte.
Ciò che ci dovrebbe spingere ad evitare il consumo di prodotti contenenti olio di palma al fine di proteggere la nostra salute riguarda il suo elevato contenuto di grassi saturi, che può raggiungere anche il 50% nel caso dell'olio di palma derivato dai frutti e l'80% nell'olio di palmisto, derivato dai semi. Si tratta di oli spesso utilizzati a livello industriale per la frittura ed a livello cosmetico per la preparazione di creme, saponi e prodotti detergenti destinati alla cura della persona.
Il suo elevato contenuto di grassi saturi lo rende semi-solido a temperatura ambiente. Ciò avviene sia nel caso dell'olio di palma che dell'olio di palmisto, che viene impiegato soprattutto in pasticceria per la realizzazione di creme e farciture dolci, per le conditure e per la preparazione delle glasse. Il suo elevato contenuto di grassi saturi non è purtroppo controbilanciato da un'adeguata presenza di acidi grassi polinsaturi benefici, ritenuti in grado di tenere sotto controllo i livelli del colesterolo LDL.
L'olio di palma trova inoltre impiego al di fuori dell'industria cosmetica ed alimentare, ad esempio nella produzione di biodiesel. Il biocarburante ottenuto a partire dall'olio di palma è stato però bollato dalla U.S. Environmental Protection Agency come non ecologico, in quanto la sua produzione è causa di emissioni di anidride carbonica superiori a quanto consentito perché un biocarburante venga considerato realmente "pulito", oltre che per via degli ingenti costi ambientali legati alla sua produzione.
Essi sono principalmente legati alle modalità stesse di diffusione della coltivazione di palme da olio, avvenuta in maniera sempre più massiccia nel corso degli ultimi anni per via dell'esigenza del mondo industriale di avere a propria disposizione un olio a basso costo ed utilizzabile, come visto, in numerosi campi di applicazione. Alla diffusione delle piantagioni di palme da olio si oppongono da tempo associazioni ambientaliste come Greenpeace e Friends of the Earth, ben consce dei gravi danni per l'ecosistema provocati da tale pratica.
La coltivazione di palme da olio sta infatti prendendo piede sottraendo terreno a foreste dal valore inestimabile, comprese antiche foreste pluviali caratterizzate dalla presenza di ecosistemi irripetibili al mondo. La preparazione del terreno per la coltivazione delle palme da olio richiederebbe interventi drastici che comprenderebbero incendi in grado di distruggere centinaia di ettari di foreste ogni anno in nome di necessità industriali sempre più incalzanti, contribuendo alla scomparsa di sempre più numerose specie vegetali ed animali, che si trovano improvvisamente deprivate del proprio habitat naturale.
La deforestazione interessa zone del mondo come la Costa d'Avorio, l'Uganda e l'Indonesia– e non solo – le cui foreste incontaminate vedono via via erosi i propri confini a causa della domanda crescente di un olio di cui il mondo potrebbe benissimo fare a meno, a favore di prodotti decisamente più salutari e sostenibili e di un'industria alimentare in grado di fornire prodotti di qualità che non si basino dunque su ingredienti pressoché scadenti dal punto di vista nutrizionale. La devastazione delle foreste pluviali provoca inoltre un grave danno alle popolazioni indigene che tuttora le abitano (contribuendo alla loro difesa e protezione), alle quali territori che esse occupano da secoli verrebbero sottratti senza remore.
Alla distruzione delle foreste indonesiane è stato dedicato un film documentario "Green the Film", della durata di quarantacinque minuti, e purtroppo privo di lieto fine, una conclusione alla quale sembrerebbe impossibile riuscire a porre rimedio, se agli interessi delle industrie che impiegano olio di palma non viene sostituita una sincera preoccupazione per le sorti del Pianeta.
Di struggere le foreste pluviali significa dire addio a dei veri e propri paradisi di biodiversità e a dei polmoni verdi che da millenni sono correlate alla produzione dell'ossigeno necessario alla sopravvivenza di ogni forma di vita, compresa la nostra. E' probabilmente alla luce di tali considerazioni che anche nel nostro Paese è stato dato il via d una campagna per dire "Stop all'olio di palma nel nostro cibo!", alla quale è possibile prendere parte consultando questo link in cui firmare la petizione.
Per entrare nel sito "GreenMe.it" clicca qui.
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