Se è localizzato ma a intermittenza, prenditi una pausa, sintonizzati il più possibile sul tuo corpo per cercare di capire cosa lo provoca e cosa invece lo sopisce. Per coccolare il tuo male e fargli capire che non lo stai ignorando, ma che al contrario sei proprio concentrato su di lui, che ti vuol dare un segnale e indicare una sofferenza che altrimenti andrebbe trascurata.
In fondo l’infortunio è un’occasione per imparare a conoscersi meglio e per intervenire su problemi che se accantonati perché apparentemente poco significativi potrebbero trasformarsi domani in guai seri e non risolvibili. O per rendersi conto che sì, uscire ad allenarsi un giorno sì e l’altro pure, caricando ossa e articolazioni di chilometri e di lavori muscolari «Perché a me non interessa che ci siano i giorni di riposo, devo o no migliorare il mio personale? E poi correre mi scarica e ho resistenza da vendere, non ho paura di giocare duro, io», può rappresentare effettivamente un problema di overtraining sui cui è bene mettere un freno, finché si è ancora in tempo.
Certo, al di là dei dolori fisici è una sensazione psicologicamente davvero penosa quella che attanaglia il podista quando è costretto a rallentare e modificare la propria routine di allenamento o addirittura a fermarsi per un po’.
Scorgere altri runner che faticano diventa una visione quasi insopportabile.
Pensare al proprio obiettivo prossimo nel tempo, è come un tuffo al cuore.
Scorgere altri runner che faticano diventa una visione quasi insopportabile.
Pensare al proprio obiettivo prossimo nel tempo, è come un tuffo al cuore.
Perché finché non succede di tastare con mano la debolezza e la naturale imperfezione del fisico, è inevitabile dare tutto per scontato. È proprio quando riuscire a mettere un piede davanti all’altro rappresenta una conquista (altro che fare tot minuti al chilometro) che si impara nuovamente ad apprezzare il miracolo della corsa. Un’azione meccanicamente istintiva e apparentemente facilissima, che può trasformarsi nella più tosta delle imprese quando qualcosa di quel meccanismo portentoso rappresentato dal nostro corpo non risponde a dovere.
Un momento di pura gioia e di immensa liberazione che solo dopo esserne stati privati per un po’ riacquista tutto lo splendore e il significato profondo che spesso purtroppo dimentichiamo, intossicati dalla routine e dalle sovrastrutture di cui lo carichiamo.
Provate a fare i primi cinque chilometri senza soffrire dopo un infortunio e capirete cosa voglio dire, quando le lacrime sono di riconoscenza e non più di dolore. Quando l’idea di fare fatica diventa una benedizione. Quando, finalmente, siete tornati.
Provate a fare i primi cinque chilometri senza soffrire dopo un infortunio e capirete cosa voglio dire, quando le lacrime sono di riconoscenza e non più di dolore. Quando l’idea di fare fatica diventa una benedizione. Quando, finalmente, siete tornati.
Per entrare nel sito "Correre.it" clicca qui.
Nessun commento:
Posta un commento