Uno stile alimentare che presti attenzione alla distribuzione delle calorie permette un miglior controllo glicemico. L'orologio biologico modifica le risposte dell'organismo
Fare una buona colazione è importante. E lo è ancora di più per i pazienti con diabete di tipo 2, perché consumare un pasto energetico al mattino e stare leggeri la sera è uno stile alimentare che favorisce un miglior controllo glicemico nel corso dell’intera giornata e può aiutare a ridurre i rischi di complicanze in questo tipo di diabete.
Lo dice uno studio randomizzato pubblicato su Diabetologia, condotto su 18 soggetti di età compresa tra i 30 e 70 anni, con diabete di tipo 2 diagnosticato da meno di 10 anni e dei quali soltanto alcuni, dieci di loro, in trattamento con metaformina. Ad ogni paziente è stata assegnata in modo casuale una dieta da seguire tra le due stabilite dai ricercatori: la prima prevedeva una colazione energetica e una cena leggera (dieta B) e la seconda una colazione leggera e una cena più calorica (dieta D). Il pranzo così come la quantità complessiva di calorie assunte nel corso della giornata erano gli stessi nei due programmi alimentari.
Dopo aver seguito per una settimana la dieta assegnata, il settimo giorno ai volontari è stato effettuato un prelievo di sangue appena prima di colazione e regolarmente per altre sette volte fino alle tre ore dal pasto. Analoga serie di prelievi è stata eseguita dopo il pranzo e dopo la cena, per misurare il livello di glucosio, di insulina, di peptide C, proteina fondamentale per la produzione dell’insulina, e di GPL-1, un ormone prodotto dall’intestino durante i pasti, in misura ridotta nei diabetici di tipo 2, e indicatore del rilascio di insulina. A due settimane di distanza, poi, il regime dietetico è stato scambiato (crossover) e tutti gli esami del sangue eseguiti nuovamente il settimo giorno.
I risultati hanno mostrato che i soggetti che avevano seguito la dieta B avevano dopo il pranzo, che vale la pena ricordare era lo stesso in entrambi i regimi, una glicemia ridotta in misura variabile dal 21% al 25% e un livello di insulina superiore del 33% rispetto a chi aveva seguito la dieta D. Inoltre, la differenza di questi valori si manteneva anche dopo ogni pasto con una glicemia inferiore del 20% e livelli di insulina, peptide C e GPL-1 maggiori del 20%.In altre parole, l’effetto di una colazione energetica e di una cena leggera è stato quello diinfluenzare la tolleranza insulinica nel corso dell’intera giornata e ciò sembra essere indipendente dal tipo di terapia.
Il diabete di tipo 2, chiamato anche diabete mellito non insulino dipendente, è il più diffuso nel mondo, con 400milioni di malati e 5 milioni decessi ogni anno. Si manifesta in età adulta anche se la sua presenza tra i giovani è in crescita per l’aumento dell’obesità infantile. È causata da un’insufficiente produzione o funzionamento dell’insulina, quando cioè il pancreas ne produce troppo poca o quando l’organismo non presenta una risposta adeguata all’insulina in circolo (insulino-resistenza).
«Alla base della miglior tolleranza al glucosio dopo una colazione molto energetica piuttosto che dopo una cena di identico apporto calorico sembrano esserci anche i meccanismi legati all’orologio biologico che porta ad una maggior risposta mattutina delle cellule beta del pancreas che producono insulina e ad un maggior assorbimento del glucosio mediato dall’insulina da parte dei muscoli, oltre ad un ridotto catabolismo dell’insulina da parte del fegato» ha commentato la professoressa Daniela Jakubowicz del Wolfson Medical Center dell’Università di Tel Aviv in Israele, una delle autrici dello studio.
«Così, raccomandare un carico di energia superiore a colazione, quando la risposta delle cellule beta e l’assorbimento mediato dall’insulina del glucosio nei muscoli sono ai loro livelli ottimali, sembra una strategia adeguata per ridurre i picchi di glicemia post prandiali nei pazienti con diabete di tipo 2». Uno studio su pochi soggetti che, tuttavia, porta evidenza ulteriore a sostengo del fatto che ad essere importante non è solo quello che mangiamo ma anche quando lo facciamo e che una corretta distribuzione del carico calorico è «un fattore cruciale» nel controllo glicemico.
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