Lorenzo Pisani. |
Per una gara che si propone come “evento” di livello nazionale ed internazionale, ricca di un budget straordinario per il mondo del podismo sardo e giunta ormai alla quarta edizione, ho visto cose “strane”.
- I pacemaker avevano dei palloncini gonfiati a bocca e dovevano quindi tenerli su con le mani (non potevano permettersi un po' d'elio?)
- Ai ristori non davano acqua liscia ma solo quella effervescente offerta dallo sponsor. Molti podisti hanno avuto problemi di stomaco.
- Lo speaker durante le premiazioni, era nervoso, diciamo pure apertamente antipatico. Dopo ore di lavoro, forse aveva esaurito la sua dose di simpatia forzata mostrando la sua vera natura.
- Abbiamo fatto scuola. L'errore di percorso nel trail di Capoterra è stato un tale successo che la maratonina internazionale di Chia ha pensato bene di imitarci, facendo percorrere 3 chilometri in più alla maggior parte dei concorrenti della 10 km, compresi tutti i top runners.
Per il resto è stata una bella mattinata di sport, arricchita dalla partecipazione straordinaria di circa 3000 podisti. Dopo l'inno nazionale si parte sotto una nuvola di coriandoli. La caccia al sacchetto è iniziata.
Foto di Arnaldo Aru |
Quando passo accanto ai primi cartelli chilometrici tiro fuori dal taschino dei pantaloncini il resto fossile di un vecchio cronometro; i primi 2 km scorrono in circa 3'50, poi si allungano fino a quasi 4'. Mi guardo intorno. Fra molti sconosciuti, riconosco qualche volto noto, qualcuno anche della mia categoria ma non so chi farà la mezza e chi invece si fermerà al decimo e mi pongo quindi in uno stato di controllo attendistico. Intanto, cerco di interpretare, guardando bene capelli e viso, la categoria degli sconosciuti. L'empasse tattica si scioglie all'ottavo chilometro, quando il percorso della 10 km si stacca e il gruppo si sfoltisce facendo sparire anche tutti i miei rivali, noti o presunti, di categoria. Il caldo si fa sentire e cominciano le salite, a tratti ripide. Sicuro che i tempi si stanno allungando, non guardo più il cronometro. Alcuni atleti sono fermi a bordo strada, cotti. Anche io sono cotto ma sono coriaceo e continuo a correre inseguendo i miei obiettivi. Al quindicesimo c'è un giro di boa che, a partire da un chilometro prima, mi permette di incrociare ed applaudire grandi campioni come Ruggero Pertile e Valeria Straneo, alcuni fra i migliori specialisti sardi come Vincenzo Tanca e Giuseppe Stara e … pochi altri! Arrivato al giro di boa, mi rendo conto che davanti a me sono davvero pochi, meno di venti, e nessuno, che io sappia, della mia categoria. Dietro invece sono tantissimi e quando li incrocio ricevo innumerevoli e graditissimi incitamenti. Non mi resta che cercare di mantenere questa posizione per raggiungere l'agognato sacchetto. Intorno a me si aggirano Efisio Erriu, sicuramente più giovane di me e Marco De Lucchi, di età indefinita. Per un po' resisto ma alla fine la domanda da sacchettaro è inevitabile: “sei master 50?” “no, tranquillo sono 45”. Stabilita la tregua, l'adrenalina ha assunto un retrogusto di camomilla e non mi è rimasto che correre tranquillamente fino al traguardo. Il tempo che leggo sul cronometro posto all'arrivo, 1h27'40, è davvero mediocre ma mi consolo ampiamente con un 15esimo posto assoluto (su un migliaio di partenti) e, soprattutto, con un primo su 115 di categoria: il sacchetto è conquistato. Ma c'era un altro obiettivo che mi ha spinto su per le calde salite e mi ha sostenuto quando la stanchezza cercava di buttarmi giù. Le piacevoli chiacchiere del dopo gara e il buffet sotto il sole battente, non mi distolgono da quell'idea. Ci dovrebbe essere tempo prima delle premiazioni. No, non è la solita birra fresca.
Resoconto tratto dal blog di Lorenzo Pisani, Velleità.
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