Davide Mallus. |
Tra i 4.41 min/km del mio personal best e i 5.45 della gara di Uta c’è ampia scelta per collocare la Cagliari Respira. Gli ultimi allenamenti mi suggeriscono di andare a 5.00 – 5.10 min/km.
La partenza è alle 10 ma, come al solito, arrivo più di due ore prima per studiare la location. Trovo un parcheggio comodissimo in Viale Diaz, di fronte alla strada di accesso al campo Coni. Vedo le gabbie che ospiteranno leoni che non vedono l’ora di scattare: quest’anno si parte un po’ più avanti, proprio di fronte al bar nel quale faccio le mie pause pranzo. Mi sembra di essere a casa, la zona la conosco bene e devo dire che la veste sportiva del quartiere è notevolmente più affascinante rispetto alle banali giornate nelle quali si passa là per recarsi in ufficio. Passo quindi a salutare gli amici del bar, permettendomi di avere un caffè velocemente senza fare troppa fila.
Di fronte all’Hotel Panorama mi colpisce un gruppo di turisti tedeschi anziani che aspettano probabilmente una corriera e nel mentre fanno foto all’hotel come se fosse la Sagrada Familia.
Al campo, pian piano, arrivano gli atleti e rivivo quella speciale sensazione di festa, adrenalina, tensione ed emozione tipica del pre-gara. Alle 8.50 facciamo la foto coi compagni di squadra che sa di reciproco incoraggiamento per affrontare al meglio le fatiche dei 21 km. Vedo tante facce sconosciute coi colori rossoblu, ogni volta si aggiungono nuovi atleti! Terminate le formalità ‘societarie’ vado in macchina a cambiarmi, con le idee ben chiare sull'abbigliamento. La giornata è perfetta: fresca, cielo coperto, vento di scirocco e temperatura sui 16°. Indosso la maglia bianca della ‘Corri Molentargius’ con sopra la canotta della squadra. Mi piace questo abbinamento. Riempio le gambe con una crema presa in erboristeria che dovrebbe facilitare il riscaldamento muscolare. Metto la chiave nella taschina dei pantaloncini e comincio a fare stretching.
Il mio progetto per la Cagliari respira 2015 prevede i primi 10 km ‘lenti’ tra 5.10 – 5.15 per poi valutare le energie e tentare un finale in progressione. Stessi obbiettivi di Matteo col quale mi metto d’accordo per ‘lavorare’ assieme. Dopo il riscaldamento al campo mi sposto in area partenza. Vedo dei runner col pettorale segnato da un bollino verde o rosso. Io non ho bollini quindi devo partire dietro. Pian piano prendiamo posto e attendiamo con ansia la partenza, distratti dalla musica, dallo speaker, dall’inno nazionale e dalla canzone ‘You’ll never walk alone’ che fa da colonna sonora alla manifestazione.
In mezzo agli altri runner, numerosissimi, percepisco l’importanza dell’evento. Ormai ho tante partenze in memoria, cerco di trovare nuovi spunti emotivi ma, con mille atleti o con 100 non è che ci siano troppe differenze, anzi a dir la verità sono più particolari le partenze con pochi atleti perché sei lì, visibilissimo da tutti. Al contrario, in mezzo ad un mare di gente, sei un puntino, una formichina che pian piano deve farsi strada per arrivare alla partenza.
Si parte. Si cammina fino al gonfiabile, si schiaccia start e … via: mantengo un passo tranquillo per evitare l’errore dello scorso anno quando feci la prima parte troppo forte per crollare malamente nella seconda.
In questo ‘passeggiare’ a 5.10 min/km si può chiacchierare coi compagni, si può provare il piacere della corsa senza sofferenze particolari, ci si può guardare attorno per scovare qualche amico piazzato per immortalare il tuo passaggio. Vedo il carissimo Nico che anche quest’anno è presente per fare qualche foto. Più avanti c’è Tore coi suoi mitici video e poi tanti altri personaggi più o meno noti che ti fotografano come se fossi una star. Godiamoci questi momenti di gloria!
L’ingresso in via Roma è suggestivo anche se il passaggio dall'asfalto alla pavimentazione in granito si fa subito sentire rendendo un po’ fastidiosa la corsa. C’è molto pubblico che incita di volta in volta amici e parenti. La salita del Largo Carlo Felice impone un rallentamento del passo, per fortuna dura poco e dopo aver svoltato attorno alla statua si procede per un tratto che modifica in parte l’originario percorso. Nel corso Vittorio Emanuele c’è silenzio, si sente il suono combinato delle scarpe e dei respiri, amplificato dalla sezione stradale stretta a chiusa. Verso Viale Trento appaiono le bancarelle dei mercatini con venditori stranieri poco interessati alla gare. Il passo è sotto controllo e procedo con Matteo, come previsto.
Salto il primo rifornimento perché non ho sete, ma comincio a sudare: forse avrei corso meglio solamente con la canotta. O forse no. Tutto sommato ho fatto bene a metterne due perché spesso arriva vento frontale, l’aria è più fresca. Torniamo in via Roma e in Viale Diaz. Vedo nuovamente Nico e poco dopo Valentina e Stefania che incitano e filmano. Il tutto mi carica piacevolmente.
I primi 10 km son fatti. Il gruppo si divide tra chi deve farne altri 11 e chi è giunto al suo traguardo.
Superato Ponte Vittorio mi salta in mente un ricordo dell’edizione dello scorso anno: proprio in quel punto accusai un dolore al fegato. Il passo è sempre tranquillo, le gambe vanno bene, il cuore però sembra battere più forte del previsto. E’ strano perché il respiro è regolare, non affannato. Penso che il Garmin stia dando segni di vecchiaia (forse la batteria del cardiofrequenzimetro sta andando..) quindi me ne frego di soglia anaerobica e di altre pippe scientifiche. Purtroppo sento il dolore al fegato. Sarà che ho pensato troppo alla gara dello scorso anno?? Ho discrete riserve. Procedo senza rallentare cercando di respirare un po’ meglio. Anche Matteo sente dolore al fegato. Mal comune mezzo gaudio, quasi mi fa piacere la sua comunicazione: deve essere la salitina di ponte Vittorio che non piace ai nostri fegati!
Al ristoro decido di rallentare e bere con calma per evitare che l’acqua mi vada di traverso. Ottima scelta perché quei pochi secondi di pausa mi caricano e mi aiutano a scacciare il dolore.
Ecco il Poetto nuovo di zecca. La pista nuova dovrebbe darmi un po’ di carica, è così bella, pulita e delineata. Ho percorso migliaia di chilometri al Poetto, ma in gara non ho mai particolari godimenti per le bellezze ambientali. Sento un po’ di nausea che inizialmente mi preoccupa. Rallento, vedo come corrono gli altri atleti. Chi procede bene, chi soffre come un dannato. Io sto in una via di mezzo. Il mare ha belle onde. Mi sembra di intravedere qualcuno che fa kite surf. Matteo rallenta un po’. In prossimità del Twist bar un anziano fa finta di correre affianco a me con la moglie che gli fa un video. Un bel quadretto. Sicuramente la passeggiata dei simpatici vecchietti è stata allietata da noi atleti e, in un certo modo, ha spezzato la monotonia di una giornata grigia. Poco dopo, nuove energie arrivano da Francesca che da la giusta carica nella sua postazione di cronometraggio intermedio.
Ho perso di vista Matteo e procedo verso l’ingresso del parco del Molentargius. Anche in questo frangente mi ritorna in mente la scena dello scorso anno: vento di maestrale contrario, freddo, gambe durissime, voglia di camminare e di fermarmi. Per fortuna stavolta il vento è di scirocco, quindi è alle spalle e mi aiuta! Tiè! Il paragone con l’esperienza dello scorso anno mi carica. Ho molte più energie e carte da giocare. Mi permetto si fare qualche sorpasso nei punti in cui, sempre lo stesso anno, venivo sorpassato da decine di runners. E’ una specie di rivincita.
Dopo il ‘rollone’ incontro Massimo che cammina dolorante, gli chiedo come va. Ha qualche problema ed è costretto a non forzare.
Non riesco a valutare l’operato del mio cuore. Il Garmin indica valori alti, è chiaro che non sono ancora in forma. Un fastidio all'anca mi ricorda il recente infortunio. Niente di serio. Procedo con un passo che riesce a scendere sotto i 5 min/km. Riesco a prendere un po’ di integratore di sali minerali che inizialmente mi impasta la bocca e mi costringe a sputare in maniera poco ‘carina’. Sono molto infastidito dalla fascia del cardiofrequenzimetro che sembra scendere in continuazione come se durante la corsa fossi improvvisamente dimagrito di 2 kg. Penso anche che sarà l’ultima volta che la metto, tanto ‘a sensazione’ dovrei aver imparato a riconoscere i battiti del cuore.
All’uscita dal parco sembra che la corsa sarà accompagnata dalla pioggia. Così è. Una pioggerella piacevole che viene accolta da me e da altri allargando le braccia come se la si volesse raccogliere per farla confluire nel corpo al fine di fornire chissà quale energia supplementare.
Manca poco. Passo di fronte alla sede di lavoro con fatica e affanni che allontanano qualsiasi eventuale memoria di stress da lavoro in ufficio. Un atleta mi chiede ‘ma è normale avere dolori?’ Lo rassicuro: è normalissimo, anzi sarebbe strano non averli. Continuo a fare qualche sorpasso perché gli altri tendono a rallentare. Ho energie risparmiate nella prima parte. Gli ultimi due chilometri come al solito sono interminabili. Si sente lo speaker che annuncia gli arrivi, mi verrebbe da tagliare la strada per arrivare prima, ma c’è da passare dietro in zona ‘Su siccu’. Finalmente arrivo nel viale Diaz. Vedo atleti che indossano la medaglia. Passo per la terza volta di fronte al bar per poi girare nella stradina (in salita) che porta alla via Rockefeller. Manca poco, me lo ripeto con ossessione. Percorro con la lingua di fuori una strada che faccio tutti giorni con altri ritmi e altre prospettive. Ancora qualche sorpasso. Sto facendo l’ultimo chilometro a 4.30 min/sec! Segno che tutto sommato mi sono organizzato bene, ma sono distrutto. Tanto è quasi finita. Entro in pista. Le scarpe hanno un’aderenza bellissima, inimmaginabile dai ‘selvaggi’ come me che corrono per le strade sconnesse di Quartu. Si materializza improvvisamente Enrico Floris che incita, suggerendo di accelerare perché mancano solo 200 metri. Sono a pezzi, ma cosa vuoi che siano 200 metri? Accelero, punto un’atleta, la supero per fare un po’ scena e onorare gli amici che stanno facendo il tifo. Sento che urlano il mio nome. Taglio il traguardo soddisfatto. Mi chiedono il chip. Non so dove sia, ma mi viene asportato come al solito in una frazione di secondo.
Ho concluso a 5.03 min/km. Come previsto. Soffrendo, come è giusto che sia, ma senza particolari problemi. Sono soddisfatto. Il recupero procede bene. La condizione da ‘personal best’ è ancora lontana, ma sono felice perché qualche mese fa non avrei immaginato di riprendere con due mezze maratone.
Dopo aver ricevuto la bellissima medaglia (la migliore in assoluto tra quelle che ho) ‘corro’ in auto, senza perdere tempo perché sono fradicio e non voglio ammalarmi. Mi siedo nel sedile posteriore e mi asciugo e mi cambio gli indumenti inzuppati, mutande comprese, fregandomene di chi passa per strada.
Faccio rientro al campo per ristorarmi a dovere e per commentare coi compagni i risultati. Tutti sono soddisfatti, in particolare Stefania che ha fatto il suo record personale. Anche Stefano è felice per aver portato a termine la sua prima mezza maratona ad un tempo molto promettente. Mangio tre piatti di pasta calda e accetto volentieri la birra offerta da Stefano.
Tutto è andato come previsto. Sicuramente, senza l’infortunio, avrei giocato in maniera diversa. L’infortunio comunque fa parte dell’esperienza e ti aiuta a capire quali errori bisogna evitare.
Questo mese riserverà un’altra piacevole manifestazione: ‘Giancarlo corre con noi’, il 20 dicembre. Poi si concluderà una stagione indimenticabile per il sottoscritto, ricca di belle esperienze e di tanti nuovi amici conosciuti grazie alla ASD Cagliari Atletica Leggera.
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