Ho fatto davvero bene a scegliere quella di Esterzili
come mia ultima corsa. Le sensazioni provate in quella mattinata mi hanno dato
materiale per almeno cinque racconti. Ci vorrà un po’ di tempo per metterli
insieme, perciò vorrei solo tracciare delle linee guida per la loro successiva
stesura.
1) Tonio. I motivi che hanno dato conferma della bontà
della mia scelta si possono riassumere in un solo nome: Tonio Migali.
Tonio è una persona che appena la conosci ti mette
subito a tuo agio, dopo cinque minuti con lui puoi iniziare a fare battute di
ogni genere, raccontargli i turbamenti del tuo cuore o confessargli i tuoi
peccati più turpi. Tonio è talmente affabile che quando lo incontri alla gara
di Guasila e lui candidamente ti dice che “quella di Esterzili è una gara molto
meno dura”, tu non puoi fare a meno di credergli. Non smetterò mai di
ringraziarlo per avermi convinto a fare da loro la mia ultima gara.
Le salite a Esterzili hanno delle pendenze
inquietanti, le discese sono lunghissime, ogni volta mi pare di arrivare sotto
al livello del mare, e ci allontaniamo talmente tanto dal paese che da un
momento all’altro mi aspetto di veder apparire davanti ai miei occhi il
cartello con su scritto “Escalaplano”.
Fortunatamente gran parte del tracciato si trova
all’ombra, poiché attraversa un fitto bosco di lecci. Quella è l’unica nota
positiva del percorso, insieme alla bellezza dei paesaggi, la gentilezza dei
volontari, l’aria limpida, la sensazione di attraversare un luogo selvaggio e
incontaminato, i sorrisi di Tonio e Tiziana che ti aspettano all’arrivo.
3) Non camminare.
C’è una regola che mi sono imposto di rispettare
quando lo scorso settembre ho iniziato a fare gare. La regola è quella che in
gara non avrei mai dovuto fermarmi o camminare. Avrei potuto correre pianissimo
sì, ma non avrei mai camminato. In questi undici mesi di gare devo dire di
essere riuscito a rispettare questo principio. Credo sia una regola che un
runner si impone in maniera automatica quando inizia a pensare di correre sul
serio, perciò leggendo “L’arte di correre” di Murakami non mi ha stupito più di
tanto trovare che anche lui seguisse quella stessa regola. Addirittura nel suo
libro dice che quando passerà a miglior vita vorrebbe che nel suo epitaffio
venisse scritto “Se
non altro, fino alla fine non ha camminato.”
Grazie al cazzo. Il signor Murakami scrive così perché
evidentemente nel suo programma di gare non ha mai inserito la Esterzilincorsa.
4) I sorpassi.
C’è una regola che circola tra noi runners che recita
“perdona sempre coloro che ti sorpassano ma non dimenticare mai i loro nomi.”
Non è vero, questa regola non esiste, l’ho inventata io sul momento. È solo un
caso che a Esterzili siano presenti alcuni podisti che in questo mio primo (e
ultimo) anno di corsa abbiano segnato alcuni sorpassi che mi sono rimasti
impressi nella memoria. È solo un caso che mi ricordi “vagamente” di loro.
Era il 13 settembre 2015, esattamente 11 mesi fa,
quando intorno alle 10.40, a Bari Sardo, i signori Gianpietro Dessì, Antonello
Vargiu e Francesco Mudu mi superavano al primo km di una 10 chilometri in
Ogliastra, una gara che fino a quel momento stavo dominando(ih,ih,ih). Non li
vidi più fino a traguardo. Al mio arrivo si erano già fatti la doccia e scolato
4 birre.
Pochi mesi fa, a Guasila, i due componenti della
Cagliari Atletica Leggera hanno concesso il bis, questa volta mi hanno superato
tra l’ottavo e il nono chilometro, mentre cercavo di portare la carcassa al
traguardo dopo una delle mie partenze ignoranti.
Nella mia ultima gara è presente anche il signor
Alessandro Mameli dell’atletica Selargius. A Bauladu, nel mese di marzo,
correva il sesto chilometro, ero in dodicesima posizione (circa) e viaggiavo
tranquillo in compagnia di due podisti del sassarese che avevano il mio stesso
passo, quando in una lunga discesa arrivò a velocità doppia il suddetto Mameli
che ci sverniciava con il sorriso tra le labbra. Ingenuamente gli sono andato
dietro e in poche centinaia di metri ho bruciato le poche energie rimaste. Gli
ultimi due chilometri erano in salita e li ho fatti con le tempie che mi
pulsavano in maniera preoccupante. Li ho fatti pianissimo, ma non ho camminato.
Ho perso però ben 7 posizioni.
Il mese successivo, a San Nicolò Arcidano, mentre
superavo il quarto chilometro di un percorso paesano di 8 km, mentre credevo di
avere in saccoccia la posizione che avevo conquistato, in un leggerissimo
tratto in discesa, si ripete la stessa scena di Bauladu, del Mameli con il
berretto bianco che mi passa, sempre a velocità doppia della mia. Quella volta
non gli sono andato dietro e ho mantenuto la posizione.
Comunque sia, dopo 11 mesi di corse, proprio nella mia
ultima gara, sono riuscito a passare il traguardo prima di questi atleti
tostissimi. Mi piace pensare di aver imparato qualcosa dai loro sorpassi.
Naturalmente il fatto che sia arrivato prima di loro non significa niente. Per
la corsa si può applicare tranquillamente la frase fatta del calcio che recita
che “ogni partita è una storia a sé”. Ci sono molte variabili da tenere in
considerazione. Per esempio, il signor Gianpietro Dessì da Esterzili, vincitore
per distacco della mia prima gara ogliastrina (proprio quella nella quale mi
sorpassò al primo km), non faceva una gara da ben 7 mesi per via della
pubalgia, e aveva sulle gambe poco più di un mese di allenamento. Nonostante ciò,
nella gara di casa, si è qualificato al 17° posto. Giù il cappello.
4) Giovanni Secci. A proposito di sorpassi da segnare
nel libro nero, dovrò dedicare un intero capitolo al signor Giovanni Secci da
Triei. È già la terza gara consecutiva che mi lascia andare avanti e mi viene a
riprendere a metà gara, dandomi sempre distacchi di almeno un minuto. Non è
affatto gentile nei miei confronti….ih,ih
5)Runcard.
Fin da quando ho cominciato a gareggiare ho avuto un
obiettivo che non ho mai dichiarato. Conquistare il primato tra i possessori di
Runcard. Le “Runcard” sono i cani sciolti delle gare su strada. La Runcard è un
tesseramento provvisorio alla FIDAL che ti consente di partecipare alle gare
pur non appartenendo a nessuna società di atletica (escluse quelle su pista).
Sfortunatamente per me tra i possessori di Runcard ci sta un certo Roberto
Melis. Ogni volta che ho incrociato il suo cammino mi sono dovuto accontentare
del secondo posto nella competizione interna tra “cani sciolti”. Spesso mi ha
dato distacchi che superavano i due minuti, che tradotto in strada parliamo di
circa 500 mt. Un abisso.
A Esterzili Roberto non è pimpante come al solito. Me
ne accorgo da subito, dal fatto che dopo circa due km non ha ancora preso il
largo. Me ne accorgo nelle salite, dove riesco sempre a ricucire lo strappo e
riportarmi addosso a lui. Per tutta la gara facciamo l’elastico, con lui che si
allontana nei tratti in discesa e io che mi riavvicino nelle salite. In una di
queste noto che lui comincia a camminare. È stato in quel momento che ho
infranto per la prima volta il principio di non camminare o fermarmi mai.
Quando cammina lo raggiungo e cammino anche io, lo marco stretto. È stato in
quel momento che ho mandato affanculo Murakami.
Caro Haruki, vieni a correre a Esterzili, poi
riparliamo del tuo epitaffio.
Comunque sia, son riuscito a tenere nel mirino Roberto
per tutta la gara. Ero contentissimo, anche se immaginavo che la cosa fosse
dovuta a un suo calo di condizione e non a un mio stato di forma
particolarmente brillante. Me ne accorgo quando puntualmente arriva Giovanni
Secci che mette la freccia e se ne va, intorno a metà gara, seminando anche
Roberto. Me ne accorgo anche quando al settimo km circa arriva da dietro anche
un tizio dell’Atletica San Sperate che mi sorpassa e va ad agganciarsi a
Roberto, che stava a venti metri da me. Cerco di tener duro in quei saliscendi
che sembrano non finire mai. È stato in quel momento che ho compreso appieno
cosa volesse dire quella mia amica che parlandomi della gara mi aveva
annunciato “Non prenderla sottogamba… La’ che quella gara è dura davvero!”.
Quando finalmente ci liberiamo del tratto più duro, quando finalmente svoltiamo
e rivediamo il paesello aggrappato sulla montagna, succede qualcosa di strano.
Mentre percorro una ripida discesa in cemento, io che in discesa non sono mai
stato un fenomeno, comincio a prendere velocità, e quando la discesa finisce
continuo a correre alla medesima velocità, apparentemente senza sforzo. È stato
in quel momento che ho capito cosa intendesse dire il mister Staffa quando ci
diceva che prima della partita dovevamo “spezzare il fiato”. Sapevo cosa
volesse dire quella espressione, ma non mi ero mai reso conto del momento in
cui ciò avveniva. “Spezzavo il fiato” in maniera inconsapevole, durante il
riscaldamento… invece a Esterzili, a poco più di un chilometro dall’arrivo, ho
percepito che qualcosa era cambiato nel mio modo di rispondere alla fatica. Di
solito in vista del traguardo mi accadeva il contrario, mi accadeva di
crollare, perciò mi trovo in una situazione alla quale non sono abituato. In
pochi secondi recupero i venti metri che mi separano dai due davanti a me. Il
tipo dell’Atletica San Sperate cede, Roberto soffre ma tiene duro. Manca un
chilometro e mi sento fortissimo, mi sento che potrei andare anche a riprendere
Stefano Floris (il tipo che ha vinto la gara in perfetta solitudine), oppure
potrei semplicemente tentare un attacco e andare al traguardo seminando il mio
compagno Runcard, ma sono troppo contento di essere ancora attaccato a lui,
perciò dopo averlo superato decido di rallentare e restare alla sua ruota. A
dire il vero, non son neppure certo che sarei riuscito a prevalere su di lui in
uno sprint finale.
Un po’ mi manca quel Maurizio che corre con ignoranza.
Sono diventato troppo giudizioso. Però come ultima gara non potevo aspettarmi
di meglio. Arrivo 12°, dietro a una pattuglia di atleti di buona levatura, con
un tempo di 44’8”.
Quando faccio rientro a casa controllo la posta e
trovo un messaggio di Ivana che mi avvisa che il 3 settembre ci sarà “Il
miracolo della corsa” a Bitti, il mio paese natale. Mi raccomanda di non
mancare.
Ma sì dai, ancora una e poi smetto.
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